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zie; di schivàre gli inutili discorsi nelle Sagrestìe, specialmente allorchè vestiti sono dei sacri paramenti; di recarsi all’Altare con edificante compostezza, e modestia; di osservare esattamente le prescritte Ceremonie, compiendole con tutta la gravità e decoro, affinchè concilino reverenza, e divozione, e spieghino la dignità ineffabile del Sacrifizio Augusto: il che non si potrà ottenere, quando non si impieghi nella celebrazione della santa Messa almeno la terza parte di un’ora, giusta il sentimento dei Teologi, e dei Rubricisti, sentimento approvato anche dall’Oracolo della Sacra Congregazione dei Riti, al quale certo cercherà di uniformarsi chiunque non ami d’incorrere nella maledizione fulminata da Dio con quelle formidabili parole maledictus homo, qui facit opus Dei negligenter. E quì non sarà fuor di proposito, per chi non ne serbasse memoria, riportare anche il sentimento di S. Alfonso dei Liguori, il quale prova che fassi reo di grave colpa quel Sacerdote, che celebri la S. Messa nello spazio minore d’un quarto d’ora.

VI. Ma per ordinario la poca divozione nel celebrare i Santi Misteri ha origine dal non applicarsi alla Santa Meditazione, come dalla mancanza di questa deriva quella vita tiepida, piena di imperfezioni, quale si è quella di varj Ecclesiastici, i quali non provano rossore di essere inferiori nella virtù a non pochi laici; laonde Noi facciamo a tutti gli individui componenti il Clero della nostra Diocesi la santa ammonizione di attendere in qualche ora del giorno, e meglio sarebbe la mattina, all'esercizio della S. Meditazione, memori della Sentenza del Venerabile Giovanni d’Avila non essere, cioè, assolutamente pel Sacerdozio, chi non è uomo d’orazione.

VII. Ingiungiamo inoltre, che nelle Parrocchîe, nelle quali trovansi più Ecclesiastici, non manchino questi di accedere alle medesime quando vi si celebrano le Sacre funzioni, onde i laici mossi anco dal Loro esempio apprendano pietà, e vi si rechino con maggior diligenza.

VIII. Dovendo poi ogni Ecclesiastico essere al sommo geloso di custodire quell’angelica virtù, vogliam dire la castità, alla quale si è astretto con indissolubil voto, rammentiamo ad ognuno l’obbligo, che lo stringe di fuggire la familiarità con persone di diverso sesso, dalle quali, al dire dello Spirito Santo, procede la iniquità dell’uomo, in quella guisa che dalla vestimenta si genera la tignuola: e poichè su quel punto le cautele non saranno mai soverchie, Noi facciamo proibizione agli Ecclesiastici, di fare in qualsivoglia modo lezione a persone di diverso sesso senza espressa Nostra licenza; e per ciò che riguarda le persone di servizio, vogliamo che si osservino alla lettera le prestazioni del nostro Sinodo Diocesano. Cap. 27. parag. 25 De vita et moribus Clericorum.

IX. Facciamo divieto a tutti gli Ecclesiastici di frequentare i Caffè, e le Taverne (meno il caso di necessità, trovandosi in viaggio), e d’intervenire ai Teatri, ed ai pubblici spettacoli: come pure di fare uso di Tabacco in fumo nei luoghi pubblici, e dove in qualche modo possa darsi ammirazione.

X. Per quello che riguarda il vestiario degli Ecclesiastici, vogliamo espressamente, che si osservino, e si tengano per inviolabili le Disposizioni di Monsignor Pietro Fazzi del 12 Maggio 1828, come pure quelle prescritte da Monsignor Torello Pierazzi colla Circolare del 16 Luglio 1841, nella quale, come può vedersi, si richiamano in pieno vigore anche le sopraccennate di Monsignor Fazzi, ed affinchè per avventura da niuno possa addursi il pretesto di non aver mezzo, onde conoscere dette Disposizioni, abbiamo pensato di riprodurle nel loro contesto coma appresso

«1. Che nessun Giovane ammesso all’abito Ecclesiastico, ne sia vestito dal Parroco incaricato, se non per mezzo della Toga.