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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/146

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xxxvii
     Indi, ove i Franchi son, rivolge il passo,
E dice: Alti signor di chiaro onore,
Non si spoglie oggi in voi contr’a Clodasso
Del famoso operar l’invitto amore
Che non giacque ancor mai vinto nè lasso
Da sorte avversa o marziale orrore;
E vi sovvegna che gli aurati gigli
In guardia avete, e i quattro regii figli.
xxxviii
     Vien poscia ove attendea Florio il Toscano,
Che i più fidi Tirreni avea d’intorno,
E dice: Amici miei, la vostra mano
Largo oggi appaghi l’ostrogoto scorno,
E gli mostrate ben che del romano
Sangue scendeste d’ogni gloria adorno,
E che di Florio in core ampia si chiude
Della sua prisca Etruria la virtude;
xxxix
     E che di libertà dolce desio
Con gli ardenti suoi rai vi scalda il seno:
Perchè spegnendo or noi quel seme rio,
Con voi ne vengo di speranza pieno
Ch’al fiorito terren vostro natio
Col favor di lassù sciogliamo il freno,
E facciam che dal Tebro il nobl Arno
Non fia dolce fretel chiamato indarno.
xl
     Segue oltra, ove Tristano ordine dona
All’armoriche sue famose squadre,
E dice: A tai guerrier non sia persona
Che giunga spron nell’opere leggiadre,
Nè rammente il romor ch’al mondo suona
De’ fatti illustri dell’altero padre:
Perch’ei medesmo a sè ricorda ognora
Che sol l’alma gentil la gloria onora.
xli
     Indi scorge Boorte e Maligante,
Il chiaro Lionello e Pelinoro,
Questi ch’erano appresso e quelli avante,
Addrizzando ciascun le genti loro,
E parla: Or oggi alle vittorie tante
Largo s’aggiugnerà novello alloro:
Tal promette di voi la lieta vista,
Che ’ntrepida speranza a i vostri acquista.
xlii
     Or col voler di Dio movete innanzi,
E noi vi seguirem con fermo passo,
Sì che d’ardir non mostri che n’avanzi
L’effeminato popol di Clodasso;
E vedrà il mondo, s’io non m’inganno, anzi
Che scenda il sol dell’oceàno in basso,
Che s’ebbe sopra noi vittoria alcuna
Fu per torto favor della Fortuna.
xliii
     Nè d’altra parte il nobil Segurano,
Che già il tutto sentia, dimora in pace,
Ma con parlare alteramente umano
Sveglia il valore ove indormito giace,
E dice: Ora il Britanno e ’l Gallicano,
Allo spuntar del dì l’aurata face,
Oppresso è di timor, però ch’e’ suole
Sempre perder con noi lucendo il sole;
xliv
     Perchè in guisa d’augei notturni e vili
Tralle tenebre sol si fanno arditi,
E quai timidi lupi, che gli ovili
Dall’ombre ricoperti hanno assaliti,
Ch’al giorno poscia in valli le più umìli
Ascosi stan tra gli spinosi liti;
O s’ei si mostran pur, qual Lucifuga
Ad ogni altrui gridar prendon la fuga.
xlv
     E de’ nostri desir fortuna amica
Oltr’ogni mio sperar, ve li conduce
Fuor del lor nido, che ’l fossato intrica
E gli fa non temer del dì la luce,
A fin che men periglio e men fatica
Aggia del vostro campo ogni buon duce,
E che ’l loro sperar non venga in fallo,
Contendendone al gir l’argine e ’l vallo.
xlvi
     Moviam dunque, signor, con lieto core
Il passo, io non vo’ dirvi alla battaglia,
Ma per mieter sicuro e largo onore
Da chi di cera frale ha piastra e maglia,
E di cui corse invan l’alto romore
Contr’all’abbietto stuol di Cornovaglia
Fra gl’incantati scudi e spade e lance
Di favolose prove e d’altre ciance;
xlvii
     Che i fanciulleschi cor temon talora,
Non quei simili a voi di sommo ardire,
Che per prova intendeste, e innanzi ch’ora,
Quanto sia dall’oprar lontano il dire,
E che dall’apparir già dell’aurora,
Fin che Febo si scorse a notte gire
Fèste de i corpi lor sì fatto strazio
Ier, che ’l nemico Avarco ne fu sazio.
xlviii
     Mentre parla così, già sopraggiunto
Era co’ suoi l’ardito Palamede,
Ch’ha ’l core invitto di desir compunto
D’aspra vendetta delle gote prede;
E Brunoro e Clodin vien seco aggiunto,
Nè Dinadano a lor lontan si vede
Nè Rossano il selvaggio o Brunadasso
Nè alcun duce onorato di Clodasso.
xlix
     E poi ch’han ragionato e fermo insieme,
Muovon co i lor primi ordini le schiere
Verso ove Maligante a destra preme
E Boorte a sinistra il fianco fere:
Con quel romor che ’l mar quando più freme,
Mandando in fino al ciel le spume altere
Che dal nebuloso Austro spinte a terra
Fanno a’ liti pietrosi orrida guerra.
l
     Ma il fero Segurano a questo intoppo,
Lassando indietro i suoi, muove il destriero,
Ch’oltra stendendo il marzial galoppo
Molti Britanni già versa al sentiero.
Quel caval resta morto e questo zoppo,
Ch’agramente oppressato ha il cavaliero,
L’altro si scerne andar nel campo errando,
Chè del miser rettor si trova in bando.