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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/152

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cxxi
     Ponselo al tergo, e ’ncontra s’apparecchia
Al fero Palamede che l’attende;
E gli dà un colpo alla sinistra orecchia
Sì che lunga stagion l’udire offende:
E rinovar con lui la lite vecchia
Il pensier giovinil dolcezza prende,
Ma ben poco durò, che al proprio punto
Nuovo d’altri guerrier drappello è giunto,
cxxii
     Che di molosso in guisa, che sentito
Di cani e cacciatori aggia al romore
Che scoperto è il cinghiale in qualche lito
Onde mal grado suo si trove fuore,
Che per sentier più breve e manco trito,
Non curando di spine aspro rigore
Che gli offenda l’orecchie, gli occhi e ’l dorso,
Ove ’l pensa trovare addrizza il corso,
cxxiii
     Subito appar l’altero Segurano,
Che lassando ogni impresa ivi s’avventa
A fin che di Britannia il re sovrano
Senza lui morte o carcere non senta:
Invido fatto in sè che alcuna mano
Se non la sua di farlo s’argomenta;
E giunse in tempo che lo avea Boorte
Tratto già di periglio e d’aspra sorte,
cxxiv
     Che mentre in guerra sta con Palamede,
Il cavalier Norgallo e Florio insieme
Han posto Arturo in più secura sede
Fuor della schiera avversa che gli preme,
E verso il padiglion volgono il piede:
Che già il misero re sospira e geme
Del dolor della piaga ch’ave al braccio
E ch’a difesa far gli dona impaccio.
cxxv
     Ma l’Iberno crudel come saetta
Senza sospetto lor già sovra giunge.
Molti bassi guerrieri a terra getta,
E ’l cavalier Norgallo al fianco punge:
Ma non fu il colpo suo senza vendetta;
Perchè Florio al soccorso si congiunge
Del dolce amico, e ’l capo a lui percote
Sì che tremar gli ha fatte ambe le gote.
cxxvi
     Ma di questo nè d’altro non gli cale,
Chè tien solo al gran re l’animo inteso,
E col valor ch’avea quasi immortale
Il possente suo brando ha in lui disteso:
E bene era al cader più che mortale,
Ma dal chiaro Toscan sì ben difeso
Fu col suo scudo del purpureo giglio
Che scampare il poteo d’ogni periglio.
cxxvii
     Venne intanto Alibello ed Arganoro,
Amillano e Taulasso al maggior’ uopo,
E fan nuova muraglia al re di loro:
Chi davanti, chi a i fianchi e chi gli è dopo;
E ’l fero Iberno entrato fra costoro
D’ira avea gli occhi in guisa di piropo,
E batte questo e quel, ma indarno adopra,
Che pur troppo era solo a sì grand’opra.
cxxviii
     Ma la fortuna avversa del Britanno
Conduce a Seguran novella aita,
Che ’nsieme congiurata al nuovo danno
Gli vien de’ suoi miglior gente gradita:
Con Arvino il fellon congiunti vanno
Grifon, Brumen, Farano, il forte Archita,
Il Ner Perduto, il perfido Agrogero,
Ferrandone, Esclaborre e Sinondero;
cxxix
     E qual grandine folta, ch’al pastore
Che ’ncontro a levi piogge avea di fronde
Fatto un debile albergo, che in poch’ore
Tutto il sostegno van batte e confonde;
Tale aggiunti costoro al gran furore
Ch’estremo in Segurano il cielo infonde
Quanto riparo avea nell’aspra guerra
Arturo intorno a sè, pongono a terra.
cxxx
     Il cavalier Norgallo e Florio in piede
Di quanti altri vi son restano a pena:
Gli altri han del suo destrier cangiata sede
E sotto il peso lor calcan l’arena.
Il buon re quasi alla sua sorte cede,
E di vivo restar si muor di pena:
Che ’l fero Seguran già ardito piglia
Del suo regio corsier l’aurata briglia.
cxxxi
     Ma il famoso Tristan, che in altra parte
Ha del suo re maggior la piaga intesa,
Qual leve stral da cocca si diparte
O saetta dal ciel per l’aria accesa,
Con più furor che ’l bellicoso Marte
Non feo mai de’ giganti all’alta impresa;
E giunge appunto in quel che Segurano
All’onorato fren ponea la mano.
cxxxii
     Nè battè mai sì forte in Mongibello
Ciclopo incude, quando irato è Giove
Che Tristan fè in quel punto sopra quello
Che vuole il suo signor menare altrove.
Colselo nel cimiero, e cader fello
Come piuma sottil, che l’aura muove;
E gl’intuona il cervel sì che la testa
Quasi sopra l’arcion dormendo resta.
cxxxiii
     Vassene oltra spronando, e trova Archita
Che vien del suo signore alla vendetta,
E senza fronte avere e senza vita
In due tronchi diviso a terra il getta.
Esclaborre e Grifon, che in nuova aita
Tengono ad ambe man la spada stretta,
Quel nella spalla destra e questo al fianco
Percoteva aspramente il lato manco.
cxxxiv
     Non cadder già, ma d’ogni forza privi
E senza più impedirlo dimoraro.
Il cavalier Norgallo e Florio, ch’ivi
Scorgono a i lor disegni alto riparo,
Il grande Arturo, che sanguigni rivi
Versa dal braccio con dolore amaro,
Riconducon securo al padiglione,
Ove angoscioso al letto si ripone.