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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/163

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xx
     Perchè il forte Drumen della Fontana
E Gallinante, il figlio di Girone,
Nato in Ibernia della bella Arana
Di parto ascoso all’aspra regione,
Dell’alta coppia omai poco lontana
Il braccio armato all’apparire oppone:
E fece sì che nella prima giunta
Dell’impresa mortal la furia spunta,
xxi
     Chè di a terra mandar secura speme,
Come s’avvicinasse, avea Nestorre
Quel ch’era solo, e poi col frate insieme
L’onorato lor re d’indi ritorre.
Ma quel par di guerrier già l’orma preme
Vicina a Matanasso, e aggiunto corre
Sopra i due cavalier così veloce
Che non veduto a pena ad ambo nuoce;
xxii
     Che Gallinante a Blomberisse dona
Sopra la destra spalla un colpo tale
Che d’alto in basso tutta la persona
Gli fa intorno crollare, e render frale.
Non però il buon guerrier se n’abbandona,
Nè in sè misura il ricevuto male;
Ma qual fero leon che sia ferito
Allora al guerreggiar torna più ardito.
xxiii
     Sopra lo scudo d’or ch’avea paterno,
Che la testa ricopre, alto ferìo,
Dicendo: Or senta il giovinetto Iberno
Se il buon seme di Gave ha il frutto rio.
L’altro, che sprezza il nido suo materno
E ’l Gallico onorò come natìo,
Rispose: Io non mi stimo senza fallo
Men di voi stesso o di alcun altro Gallo;
xxiv
     E se ben la mia madre in altra parte
Mi partorì, come le diede il fato,
Dal Gallico terren chiaro diparte
L’invitto mio troncon dal miglior lato,
Di padre tal che non cedeva a Marte
E che visse tra voi sempre onorato
E de’ vostri alto amico, come spero
D’esser anch’io, se giovine non pero.
xxv
     E se l’arme seguo or di Segurano,
Il fa sorte e dever, non certa voglia:
Che quei del re Boorte e del re Bano
Non am’io men che buon fratei si soglia;
Ma mentre ch’ora aviam le spade in mano,
Come nemico rio, ben che mi doglia,
M’è forza di trattarvi, e tal richiede
L’onor di cavaliero a la mia fede.
xxvi
     E così ragionando il brando abbassa,
E quanto può il percote nel cimiero,
Che ’n terra cade, e ’l suo fid’elmo lassa
Proprio al mezzo avvallato, ben che intero.
Ma il Gallo cavalier tutto oltra passa,
Più che fosse ancor mai cruccioso e fero,
D’una punta lo scudo dritto al fianco,
E ’l poteva impiagar nel lato manco,
xxvii
     S’accortamente non porgeva innante
Quanto può il braccio e non piegava in arco
Il ventre e ’l petto il saggio Gallinante,
Sì che potea di vita essere scarco;
Poi mentre l’altro il brando suo pesante
Di ritirar s’ingegna, non fu parco
Di vendicar lo scudo, ma non vale
Sopra l’arme ch’egli ha colpo mortale.
xxviii
     Nè men dall’altro lato avea Drumano
Con Nestore il cugin cruda battaglia,
Chè a l’uno e l’altro di valor ripieno
Par del nemico suo niente caglia:
Ciascuno intorno a’ fianchi e ’ntorno al seno
Egualmente ha squarciata e piastra e maglia,
E sì poco vantaggio in ambo appare
Che non si vide guerra esser più pare.
xxix
     Ma pur nel lungo andar la prima forza
Si scerneva stancar nel fer Boemo,
Che non avea nel ver la dura scorza
Come il buon Gallo di vigore estremo:
Il qual nel faticar più si rinforza,
Non che si mostre d’una dramma scemo;
E tanto era montato, e quello sceso,
Che al fin tosto l’avrebbe ucciso o preso.
xxx
     Se non che Matanasso, che ciò vede
Mentre pensa il re morto a’ suoi raccorre,
Lassa impresa, e ratto muove il piede
Ove già vincitor sentìa Nestorre;
E dal traverso non veduto il fiede
Tra la fronte e la spalla, e ’l pensa porre
Con quel colpo disteso su l’arena
E la vittoria aver di gloria piena.
xxxi
     Pure il guerrier di Gave si sostenne,
Ed a lui tutto irato si rivolge
Dicendo: Tale usanza si convenne
Ove Durenza tua l’arene avvolge;
Ma il Celtico terren, che onor mantenne
Mai sempre intero, e sol la vista volge
Alla vera virtù, tien vil colui
Che d’ascoso sentier ferisce altrui.
xxxii
     E ’n tal parlar la fronte gli percote,
Quando men l’attendeva, con la spada,
Che gli fece crollare ambe le gote
E le ginocchia andar sopra la strada.
Volea finirlo il Gallo, ma no ’l puote,
Perchè di dietro vien, mentre a lui bada,
L’empio Drumeno, e sopra il collo il trova,
E l’ha condotto a tal ch’indi non muova:
xxxiii
     Però che essendo nel medesmo lato
Quasi in un punto, e da due tali, offeso,
I nervi ha oppressi e ’l cerebro intonato
Sì che a pena sostien dell’elmo il peso.
Pur l’alto core e ’l gran valore innato
Il regge ancor, che non sia in terra steso:
E si saria con lor ristretto ancora,
Ma nuovo altro suo mal sorviene allora;