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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/166

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lxii
     Or con danno mortal di chi ’l contende
Questo onorato stuolo innanzi passa,
E l’armorico duce il corso stende
Di là dal vallo, e tutti gli altri lassa.
Lì con Gaveno esamina e comprende
Quanta gente vi sia ferita e lassa,
Poi chi fuor resti ancor, chi dentro sia,
Con riguardo sottil per tutto spia.
lxiii
     E rigirando intorno al lato manco,
In cui più volge il colle all’Aquilone,
Trova il re Lago che canuto e bianco
Sembra all’oprar di giovine stagione:
Nè di consiglio nè d’aita stanco
In saldo mantener gran cura pone
L’argine, in cui Brunoro i suoi conduce
E gran tema e periglio a gli altri adduce.
lxiv
     Come scorge il buon vecchio ivi apparire
Il nobil cavalier ch’adora in terra,
Lietamente con lui comincia a dire:
Ben securi siam noi di questa guerra,
E ’ndarno omai si pensi d’assalire
L’aspro avversario il cerchio che ne serra:
Ch’ogni vall’ ima, e cui niente chiude,
Può difender di voi l’alta virtude.
lxv
     Il conforta Tristano, e grazie rende
Che tal uomo aggia in lui tale speranza:
Poi del corsier già stanco a basso scende
E nell’argine estremo il passo avanza
E d’un di quei guerrier nuova asta prende;
E per giunger in loro alta baldanza,
Chiamando questo e quel che conoscea
Per onor di ciascun così dicea:
lxvi
     Questi sono i guerrier cui gloria eterna
E cui lode immortale il mondo deve,
Che dal sito gelato ove più verna
Di seguire il suo re sia dolce e leve
Per sì lungo cammin, nè in lor si scerna
Il periglio o ’l sudor noioso o greve:
Anzi, ove l’un con l’altro più s’accoppie,
L’alta innata virtude in essi addoppie.
lxvii
     Or col medesmo cor che aveste sempre
Siate al nostro signor compagni fidi,
Che v’ha condotti in sì famose tempre
Per sì dubbiosi mar, per tanti lidi
Al sommo onor sì largo che contempre
Ogni alto affanno che la guerra annidi;
E l’ultima fatica che ne resta
Non vi vegna al soffrir per lui molesta:
lxviii
     Ch’ancor vi fia dentro alla patria soglia
Tra la pia famigliuola all’ombra e al foco
Dolce a narrar questa passata doglia,
E ’l sofferto sudor recarse in gioco,
Or d’Avarco spiegando alcuna spoglia
Or di voi stessi discoprendo il loco
Che ’mpiagato vi fu, lieti mostrare,
Aperto testimon dell’opre chiare.
lxix
     Così dicendo, al loco si presenta
Ove ardito salir cerca Brunoro,
E ’n diversi cammin co’ suoi ritenta
Gli argini che per lui troppo alti fòro:
Di lupo in guisa che la notte senta
Dentro al serrato ovil gridar fra loro
E gli agnelli e le madri, che si strugge
D’ivi entro gire, e nella mente rugge;
lxx
     E quinci e quindi visitando mira
S’ei trova a’ suoi desir finestra o strada:
Or move il passo innanzi, or si ritira,
Or raspa in basso, or di montar gli aggrada;
Talora il porta speme e talor l’ira,
E tanto in giro rivoltando bada
Che ’l dì l’aggiugne: e visto dal pastore
L’affamato bramar volge in timore.
lxxi
     Tal fea Brunoro, ch’ogni forza, ogni arte,
Ogni industria spiegando, ogni suo ingegno,
Or si mette a montar per quella parte
E degli omeri altrui si fa sostegno,
Or le sue genti in molti lochi sparte
Tutte ad un tempo spingerse dà il segno,
Per tentar se ’l combatter molti siti
Rendesse i difensor più sbigottiti.
lxxii
     Ma come il verde scudo ch’alto preme
Il dorato leon vede apparire
E conosce Tristan, perde la speme
Di potere indi solo omai salire;
E drizza il passo ove ancor langue e teme
Il corno di Clodin, che di fuggire
A pena il puon tener preghi o minacce,
Senza aver più nemico che gli cacce;
lxxiii
     E ’ntendendo i lor danni gli assicura
Che l’armorico duce è in altro loco,
Poi dice: Alto signor, s’e’ non si cura
Che venga Segurano, io spero poco
D’aver vittoria: chè l’impresa è dura,
E non si dee tentar da scherzo e gioco
D’assalir fossi e valli ove sia gente
Non minor della nostra, e sì possente.
lxxiv
     Ma poi che i primi duci e ’l re Britanno
Non verranno oggi fuori alla battaglia,
Creder si può di far non picciol danno
Se ’l campo con bell’ordine s’assaglia:
Ma in questo modo in van prendiamo affanno,
Nè faremo opra ch’a Tristan ne caglia;
E per far un di lor di vita scemo
Cento miglior de’ nostri perderemo.
lxxv
     Or che s’attenda adunque Segurano
E ch’un vada a Clodasso entro alla terra
Che ne mandi volando a mano a mano
Ciascuno atto instrumento a simil guerra:
Poi tutti insieme l’animosa mano
Contra il popol moviam ch’ivi si serra;
Ma non si perda il tempo, chè l’ardire
Porria tornare in essi, e in noi fuggire.