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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/167

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lxxvi
     Molto ha lodato di Clodasso il figlio
E gli altri duci poi ch’erano intorno
Il buon ricordo e l’utile consiglio
Del Ner Brunoro; e senza far soggiorno
Ove il gran Seguran con torbo ciglio
Era rimaso, e pien di sdegno e scorno
Di non aver Tristan vinto all’assalto,
Che tosto vegna a lor mandan Verralto:
lxxvii
     Che immantenente a lui n’andò volando,
E gli dice: Signor, Clodin vorria
Ch’ogni impresa di qua lassata in bando
Voi ’l veniste a trovar per corta via
Ove dentro a’ suoi fossi sta tremando
L’avversa gente, e dove agevol fia
Ristorar di Clodasso l’onte e i danni
In poche ore per voi di sì lunghi anni.
lxxviii
     Risponde a lui l’Iberno: Or ritornate
Riportando a Clodin che ratto vegno.
Indi alle genti sue disperse andate
Che s’accogliano in un comanda il segno:
Tutti i suon marziali e trombe aurate
Dell’altera Giunon crollano il regno
Richiamando il lontan, destando il tardo,
Ch’accompagnar ritorne il suo stendardo.
lxxix
     Poi lassando a Drumeno e ’l fello Arvino
Che conducendo quei seguano appresso,
Fra molti cavalier verso Clodino
Con più veloce corso in via s’è messo:
E de’ fossi il ritrova su ’l confino
Che null’altro attendeva che sol esso
Per donar pieno effetto al suo desire
E ’l trepidante esercito assalire.
lxxx
     Poi ch’arrivato fu, ristretti insieme
I maggior duci e ragionato alquanto,
Diceva Seguran: La vostra speme
Di compir tutta intègra io sol mi vanto,
E là dove il nemico manco teme
Vo’ che surga di lui l’estremo pianto,
Chè mi fia tutto piano argine e muro,
Nè di mille Tristan le spade curo.
lxxxi
     Vengasi tosto pure all’alta prova,
Che ’l soverchio indugiar nocque sovente,
E ’l tosto e molto ardir mai sempre giova,
Con le voglie più al far che al dire intente.
Scenda ogni uom del cavallo, e ’l passo muova,
E la mano aggia pronta e ’l core ardente,
Il piè snello e veloce, e in ogni sorte
Disposto a riportar vittoria o morte.
lxxxii
     E ’n cotal regionar lo scudo imbraccia
Che restando a caval dal collo pende;
Nuova celata ancor, che meno impaccia
E la vista e l’andare, in fronte prende:
Poi, qual fero molosso al lupo in caccia,
Senza attender compagno il corso stende;
Già si muove in ver gli argini, ove vede
Larga schiera nemica aver la sede.
lxxxiii
     Ma il discreto Brunoro indietro il chiama,
E gli parla: Signor, se ’n voi riluce
Sovra ogni altro guerrier d’illustre fama
L’alto valor ch’al sommo vi conduce,
Non son gli altri così, che egual non ama
Tutti i duci e guerrier la quinta luce:
Ch’a quel più largamente, a questo meno
Del suo chiaro splendor riempie il seno;
lxxxiv
     Però, dov’esso manca, si conviene
Al saggio imperador compir con l’arte
E con l’ordine saldo che sostiene
E ragguaglia in tra sè ciascuna parte.
Or pria ch’avanti andar riguardiam bene
Di raccor tutte in un le genti sparte,
Poi formarle alla guisa che si mostre
Di poter più giovar le voglie nostre.
lxxxv
     E per dire io primiero il mio consiglio,
In nove schiere il tutto partirei,
Dando duce a ciascuna ch’al periglio
Regga ben con ragion se stesso e lei:
Sei per questo sentier che volge il ciglio
Alla fronte ove siam ne locherei,
Due sovra i lati, e l’altra alle sue spalle
Ove il colle lontan chiude la valle.
lxxxvi
     E se ben queste tre di manco forza
Che non richiegga il loco altrui parranno,
Chi ’l nemico in più parti essere sforza
Assai più che non pensa apporta danno:
Chè ’l nocchier combattuto a poggia et orza
Per salvar il suo legno ha doppio affanno,
E non è ardito cor che non pavente,
Se di contrari lochi il dubbio sente.
lxxxvii
     A quei saggi ricordi il grande Iberno,
Vergognando fra sè, fermato ha il piede,
Di rivo in guisa che correndo il verno
Preso dal nuovo giel subito assiede;
E risponde: Colui che prende a scherno
Quel che gli reca onor, non dritto vede:
E men chi in qualche parte gli altri avanza
Di sormontargli in tutte aggia speranza,
lxxxviii
     Chè ’l ciel giusto comporte tra i mortali,
Nè done tutte ad un le grazie rare;
A quel dà forze che non trove eguali,
A questo sommo ardir che non ha pare,
A l’un dà il senno, all’altro le immortali
Di dei lodi e d’eroi mostra cantare:
Perchè non vuol la somma sua bontade
Per far ricco un por gli altri in povertade.
lxxxix
     Or senza contrastar lodo e consento
Che si segua il cammin da voi mostrato.
Così fermo fra loro, in un momento
Fu il numero migliore ivi adunato;
E ’l proprio Segurano all’opra intento
Da Clodino e Brunoro accompagnato
Al proposto disegno ordine mise,
E’ suoi duci e guerrier così divise.