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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/169

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civ
     E ’n tante schiere poi fosser divisi,
Quanti lochi a guardar mestier ne fia;
E che ’l capo di lor miglior s’avvisi,
Che di senno e valor fornito sia;
Un vada poscia intorno, ch’a gli uccisi,
O gl’impiagati altrui ristoro dia;
E così ogni uom saprà quanto far deve,
E chi merti alta lode o biasmo greve.
cv
     Poi ch’a detto, il re Lago a lui risponde:
Non si cerchi fra noi forma migliore,
Che non si troverrebbe e ’n van confonde
Che troppo in contraddir consuma l’ore;
Or col chiaro voler che ’l cielo infonde,
Nel petto di virtù che brama onore,
Che più che ’l ferro e l’adamante adopra,
Con sollecito andar moviamo all’opra.
cvi
     Così fermo fra loro, il buon Tristano
Per consiglio dell’Orcado famoso
Ha il mezzo in guardia, dove Segurano
Della porta sforzar vedea bramoso;
Blomberisse e Blanoro il suo germano,
E Gossemante ardito e valoroso,
Tra quei di Neustria e di Cornubia intorno,
Con l’Armorico re fanno soggiorno.
cvii
     Dalla man dritta sua loca Gaveno,
Col ricco Ivan ch’ha il popol Sutvallo,
Con Creuso e Mandrin, ch’all’altro seno
Han quei che alberga il promontorio Uvallo;
Pon Lionel col pio cugin Baveno
Del manco lato nel più estremo vallo,
Co’ suoi d’Anversa e Nestore e Taulasso,
Che viene onde Solveo più scende in basso.
cviii
     Bandegamo il fratel di maligante,
Con quei ch’ha di Vintonia e di Cicestra,
Che sotto la sua insegna erano innante,
Pone oltra il fiume alla montagna destra;
Seco è Gerfletto col suo stuolo avante,
Ch’ei menò di Sarburia e di Dorcestra,
Agraveno, Abondano ed Arganoro,
E di Vigornia il cavalier Mandoro.
cix
     Il gran re Pelinoro ha in guardia il monte
Con Lucano, Agrevallo e ’l pio Malchino,
Che alla sinistra spalla alza la fronte,
Che più scorge Boote esser vicino;
Ch’avean quei di Nortumbria presso al fonte
Di Tueda aspra e del gelato Tino,
Con quei di Cantabrigia e di Valpole,
E quel che la Bangaria in alto cole.
cx
     Sicambro il sommo Franco, che conduce
Del gran re Clodoveo gli ornati figli,
Con la celeste insegna, in cui riluce
Lo splendor sacro degli aurati gigli,
Verso ove il sol, togliendo a noi la luce,
Di Marrocco i confin rende vermigli,
Ha tutto in guardia il Sabbionoso colle;
Che sovra quanti ivi han la fronte estolle.
cxi
     L’Orcado invitto, col figliuolo Eretto,
Con Ganesmoro il Nero e Meliasso,
A ingombrar tutto il mezzo è stato eletto
Dell’ampio campo e rivoltare il passo
Ove più senta dal nemico astretto
Questo o quel loco, ristorando il lasso,
E di guerrieri empiendo quella parte,
Che vòta avesse il sanguinoso Marte.