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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/214

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xciii
     E dove pria donar pensava aita,
Or del suo giovin re s’arma a vendetta,
E baldanzoso sprona e gli altri invita,
Nè però alcun di lor tardando aspetta;
Arriva, ove la man forte et ardita
Tenea contro al suo gir la spada stretta;
Ma per esser colui più grande assai,
No ’l può sopra la spalla aggiunger mai.
xciv
     E quello alteramente sovra lui
Il può sempre ferir dritto alla testa,
Nella qual raddoppiando i colpi sui
Or quinci or quindi di ferir non resta;
Ma il Franco invitto, ch’ha virtude, in cui
Nulla forza mortal verria molesta,
Basso e ristretto in sè tutto sostiene
Tanto ch’al suo disegno al fin perviene.
xcv
     Che allor, che ’l grave brando in basso scende
Per impiagarlo ancora alza lo scudo,
E dall’aspra percossa si difende;
Poi gli addrizza di punta un colpo crudo,
E sotto il destro braccio proprio il prende,
Ove il loco di piastra è sempre ignudo,
Solo armato di maglia, che men resse,
Che tela al grandinar, ch’aragne tesse.
xcvi
     Che trapassa entro al cavo di quell’osso,
Ove all’omero il braccio si congiunge,
E seguendo il cammin ch’ha in alto mosso,
In fin nel collo per la spalla aggiunge;
Ma no ’l vedendo ancor di vita scosso,
Tragge indi il brando e nuovamente punge
Nelle coste più basse al lato manco,
Che fan l’arco minor vicino al fianco:
xcvii
     E squarciò l’intestin, che primo accoglie
Quel ch’avanza a nodrir la vita umana;
Così dal suo gran vel l’anima scioglie,
Che di crudele orgoglio era sovrana;
Ma già vien Terrigan, che delle spoglie
Di Lancilotto ha in sè speranza vana,
Pensando: Così stanco è questo omai,
Che sarà il mio valor più saldo assai.
xcviii
     Cotal dicendo in sè, ver lui s’avventa
Quasi intricato ancor con Bustarino,
E con la spada d’improviso il tenta,
Ove il collo alla testa è più vicino;
Ma d’impiagarlo indarno s’argomenta,
Chè ’l ferro al suo poter fu troppo fino;
Allor di sdegno pien l’alto guerriero
Verso ove il colpo vien, torna il destriero.
xcix
     E gridando altamente: O disleale,
Non ti fieno anco d’utile i tuoi inganni,
Nè schivar ti porran l’ora fatale,
Che ’n su ’l lor bel fiorir ti tronchi gli anni;
E ’n questa viene il colpo micidiale,
Ch’alla perpetua notte gli condanni
L’umana luce, che traverso il prende,
Ove il collo più basso al petto scende:
c
     E ’l troncò tutto; e la feroce testa
Assai d’ivi lontana andò per terra,
Di papavero in guisa a cui molesta
La verga fosse, che per gioco serra
La fanciullesca man; che sciolto resta
Dal suo sostegno e pallido s’atterra
Intra l’erba più vil, ma ch’al suo piede
Avea presa di lui più ferma sede.
ci
     Cadde appresso il gran busto e fè la valle
Risonare e tremar d’alto romore,
Quando l’arena dell’armate spalle
Oppressa fu dal subito furore;
Or gli altri cavalier cercano il calle
Per trarsi omai di tal periglio fuore,
Nè si trova di tutti alma secura,
Fin che non sia d’Avarco entro alle mura.
cii
     Ma il Ner Perduto, che sovra il destriero
Rimontato più tardo si ritrova,
L’ultimo fu di lor, che ’l braccio fero
Del crudo Lancilotto miser prova;
Drizzagli irato un colpo su ’l cimiero,
Cui finissimo acciar niente giova;
Chè col capo in due parti su le spalle
Fu orrendo incarco all’arenosa valle.
ciii
     Fa il chiaro vincitor, che sia portato
Il gran regio figliuol, questo e quei dui,
Ove morto di lor rimanga ornato
Chi più d’ogni altro vivo è caro a lui:
Or già di duci tali il duro stato,
E di molti altri amici e cugin sui
Pervenuto alle orecchie era lontano
Per più d’un nunzio certo a Segurano.
civ
     E fu in fra molti il giovin Polibone
Mandato ultimo a lui dal re Vagorre,
Poi che Clodasso alla real magione
Condotto avea dalla famosa torre;
Il qual pungendo con più aguto sprone,
Che possa, il suo caval, cercando corre
Del grande Iberno e l’ha trovato in breve,
Ch’avea col re Tristan battaglia greve.
cv
     La quale a punto allor condotta a tale
Per l’una e l’altra parte si vedea,
Che poco potea gir, ch’era mortale
Per chi più avversa la fortuna avea;
Però che la virtù fu tanto eguale,
Ch’assai poco il vantaggio si scernea;
Pur di Meliadusse il franco erede
Vie più pronto e leggier talor si vede.
cvi
     Rompe allor Polibon l’aspra battaglia,
Gridando: O re d’Ibernia, e’ vi conviene
Altrove arme squarciare e romper maglia,
Ove morti i miglior son gli altri in pene;
E se del nostro onor punto vi caglia,
E di chi scettro in man d’Avarco tiene,
Venite a dar soccorso a quelle mura,
In cui pur Claudiana è mal sicura.