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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/229

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cxliv
     Quante avea vesti intorno avventa a terra,
E d’impiombati cesti arma le mani,
Poi snodando le braccia invita a guerra
Quanti ha buon cavalier pressi e lontani,
E dando colpi al cielo or apre or serra
Le pugna in giro e dice: Come vani
Saran tutti color che penseranno
Altro ritrar da me che morte o danno?
cxlv
     E piacesse oggi al ciel, ch’a ciò venire
Volesse un de’ miglior che chiude Avarco,
Ch’io ’l potessi percuotere e ferire
D’ogni clemenza e penitenza scarco;
Ch’assai mi fia pur duol veder morire,
Chi per nostra salute è d’arme carco,
E questa man contra Clodasso accinta
Del pio sangue civile aver dipinta.
cxlvi
     E per ch’al chiamar primo alcun non viene,
Chè quel ritien vergogna e quel timore,
Prende il gran pregio aurato e si conviene,
Dic’egli, a me questo primiero onore;
E l’altro ancor poi che nessun si tiene
Possente a contrastar co ’l mio valore;
Risponde Lancilotto: Io vel consento,
Se nullo or di mostrarse aggia ardimento.
cxlvii
     Quando Florio il Toscan, che vicin’era,
Vede tacere ogni uom, pietade il prende
Della negletta e vilipesa schiera,
E ’n ver l’inviatore il passo stende,
Alto parlando: Or questa vita pera,
Ch’a passo a passo nel suo fine scende,
Solo in un punto; prima che soffrire
Di tanto e tale stuolo il biasmo udire.
cxlviii
     Grida il popol d’intorno e lieto fasse,
Ch’un sì nobil guerrier si metta in prova;
E ’l famoso Tristano ivi si trasse,
E ciò che fea mestier, per lui ritrova;
Non volle ch’altra mano il dispogliasse,
Nè che ’n porgergli aita altri si muova;
Ei sol gli apporta i cesti, ei sol gli cinge,
E la vittoria aperta gli dipinge.
cxlix
     Or già s’è in guerra posto Taulasso,
E del fato di Florio assai gl’incresce;
Ch’al suo colpo primiero ei caggia in basso
Sì tosto spera, che con lui si mesce;
Drizzasi l’un ver l’altro a largo passo,
E quanto può su ’l piede alto s’accresce;
Poi più vicin con sollevate braccia
Esamina ciascun ciò ch’altri faccia:
cl
     E con finte percosse va tentando
Come trove il nemico acconcio all’opra;
Or ferendo leggiero, ora schivando,
Più l’occhio e l’arte che ’l valore adopra;
E vanno in giro attorno; ma poi quando
Vide il Toscano il suo vantaggio sopra,
Che ’l nemico scoperta avea la gola,
Di ferirlo aspramente il tempo invola.
cli
     Ma perch’era pur grande, ivi no ’l coglie,
Che gli venne a cadere in mezzo al petto,
E ’l ferì tal, che d’ogni carne scioglie
L’osso più in alto in tra le coste astretto;
All’ira il fer Britanno il fren discioglie,
E col folto cader ch’arbore o tetro
Batte grandine al maggio, i colpi versa
Con l’una e l’altra man dritta e riversa.
clii
     L’ammaestrato Florio che s’accorge,
Che conviene al furor conceder loco,
Ora il cesto, ora il braccio innanzi porge,
E dell’ira mortal tien lunge il foco;
L’altro mentre s’abbassa e mentre insorge,
Va le forze scemando a poco a poco,
E col molto ferir già frale e ’ncerto
Or questo loco or quel lassa scoperto.
cliii
     Et ei, che qual l’accorto cacciatore,
Che nascoso il leon tra frondi aspetta,
Che quando gli è più al dritto, in mezzo il core
Gli scocca inevitabile saetta;
Come vede al Britanno il capo fuore
Della dovuta guardia, a lui si getta,
E nella manca tempia in modo il fere,
Che co’ sensi smarriti il feo cadere.
cliv
     Va con la fronte in basso, sì che appare
Combattuto dalfino al lito spinto,
Quando è più irato e tempestoso il mare,
Dal fero austro vernal di nubi cinto;
Come il vede in tal guisa a terra andare
Il cortese Toscan, da pietà vinto
Ratto il sollieva in alto e ’n seno il porse
Della schiera de’ suoi, che al caso corse.
clv
     E ’l portaro all’albergo, dove sembra,
Quantunque vivo pur, peggio che morto;
Nullo appar moto all’indormite membra,
E ’l capo inchino e ’n su la spalla intorno;
Tutto il popol miglior tosto s’assembra
Intorno al vincitor, pien di conforto;
Che temea ch’un guerrier sì chiaro e forte
Non venisse al suo fin per simil morte.
clvi
     Ma sovr’ogn’altro lieto era Tristano,
Che più caro il tenea che proprio frate;
Nè men di quello il figlio del re Bano,
Ch’era a lui simil d’anni e di bontate,
E ’l meritato don gli pone in mano
Dicendo: Questo integro riservate
Per segno eterno dell’avuta gloria,
E questo altro da poi per mia memoria.
clvii
     E gli fè don di tutta l’armadura,
Ch’al superbo Clodino aveva tolta,
Con la spada incantata e la cintura
Di finissime gemme e d’oro avvolta;
Poi che fosse portata prese cura
A chi la guadagnò con pena molta
L’anfora preziosa; indi si muove
Per seguitar l’incominciate prove.