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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/231

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clxxii
     Surge Landone il destro, che ’n su ’l passo,
Che più guarda all’Ibernia, avea la sede,
Poscia Alibel di Logres e Finasso
Nodrito in Catanesia sol di prede;
Vien doppo il bel Nortvallo Meliasso,
Alla cui gran beltade ogni altro cede;
Poi s’aggiunge Mandoro e Bandegamo
Vaghi di riportar di pino il ramo.
clxxiii
     Mettegli Lancilotto insieme eguali,
Poi dà il segno la tromba e quei repente,
Qual la rigida corda i levi strali,
Lassano il seggio lor velocemente;
Boorte va il primiero e s’avess’ali
D’aquila, non porria gire altramente;
Seguelo assai vicin Landone il destro,
Che tra i primi cursori era maestro.
clxxiv
     Poi venia Bandegamo e presso a quello
Il vago Meliasso, che vincea
De’ giovinetti il nobile drappello,
Che della pari età nell’oste avea;
Poco lontan Mandoro ed Alibello;
Ma indietro a tutti gli altri rimanea
Con suo troppo dolor Finasso il Bianco,
Che pur quanto potea veniva al fianco.
clxxv
     Già nel mezzo del corso avea Landone
Racquistato Boorte e innanzi giva;
Ch’al cominciare, il fren più che lo sprone,
In sè medesmo usato, or rifioriva
Il servato vigor, ma il ciel s’oppone
Alla speranza sua già ferma e viva;
Ch’ove i destrier giacean di Lancilotto
La notte a rinfrescarse, era condotto.
clxxvi
     E ’n fra l’umida paglia e ’l lordo fimo,
Non riguardando ben col passo scorse,
Tal che si trova in basso e ’l volto il primo
Nel bagnato terren cadendo porse;
Ogni uom che rovinar dal sommo all’imo
Il quasi vincitor sì presso scorse,
Grida per la pietà, poi seco ride
Quando il viso asciugarse irato il vide.
clxxvii
     Non s’arresta Boorte e con gran gioia
Di ciascun riguardante ha il sommo loco;
Ratto spedito dell’avuta noia
Arrivato è Landon dopp’esso poco;
Vien Bandegamo il terzo e se n’annoia
Tale il franco Mandor, che par di foco;
Che poi ch’esser non può fra’ primi dui,
Ferma speranza avea di vincer lui.
clxxviii
     Alibel doppo lor venne e Finasso
Così giunti fra lor, che mal porria
Alcun ben giudicar chi s’abbia il passo
Posto più innanzi o chi ’l perdente sia;
L’ultimo a tutti gli altri è Meliasso,
La cui tenera età la lunga via
Mal potè sostenere e ’l volto ha pieno
D’amaro lagrimar di doglia il seno.
clxxix
     E la vergogna e l’ira in lui raccresce
Lo splendor giovinil che ’l face adorno;
Volgesi a Lancilotto e lasso mesce
Le note tra i sospir con greve scorno,
E dice: Io veggio ben ch’al ciel rincresce
Di chi visse quaggiù più lungo giorno,
Se di tutto lo stuol di me più antico
Solo abbassando noi si mostra amico.
clxxx
     Ride il pio Lancilotto e gli risponde:
Maggior d’essi mercede avrete certa,
Ch’alto desio che ’n giovin core abbonde,
Quanto l’altrui vittorie il pregio merta;
Indi una aurea ghirlanda, che le fronde
Agguagglia dell’allor, di gemme inserta,
Sovra i biondi capei gli pone e dice:
Al buon vostro voler portarla lice.
clxxxi
     I due famosi can Boorte prende,
Landon quasi sdegnoso il leve pardo,
Dicendo: Tale onor, signor, vi rende
Più il mio fero destin, che l’esser tardo;
E l’altro a lui ridendo: Se v’offende
Il cielo e del mio bene ha tal riguardo,
Assai mi pregio io più, perchè più vale
Favor divin ch’ogni virtù mortale.
clxxxii
     Il prezioso dardo ha Bandegamo,
Lancilotto a Mandoro una cintura
Dona arricchita di sottil ricamo,
Con la spada ch’è forte oltra misura;
E per mai non aver giusto richiamo,
D’adeguar bene il pregio assai procura
In tra Finasso il Bianco ed Alibello,
Senza offender la mente a questo o a quello.
clxxxiii
     Et uno aureo monile, il qual gli avea
Il gran re Clodoveo l’altr’ier mandato;
Che nove volte il collo gli cingea;
Per richiesta di lui gli fu portato;
E due d’esso eguai parti ne facea,
Poi di par n’ha ciascun cortese ornato;
Indi prega la schiera, ch’è più degna,
Ch’a nuova altra tenzone innanzi vegna.
clxxxiv
     Così fa in mezzo addur di grave peso
Grossa sbarra di ferro e dice poi:
Chi di questa in più spazio avrà disteso
Il corso per sua man di tutti voi,
Avrà il famoso brando che Galeso
Oprò, quantunque indarno, sovra noi,
Quando al fin cadde a terra; ed è cotale,
Che no ’l può bene alzar forza mortale.
clxxxv
     Dell’altro fia il suo scudo, ch’è sì grande,
Che tre simili a noi porria covrire;
Qual convenne a gigante, onde si spande
L’aspra fierezza, che facea morire
I guerrier vinti e in orride vivande
Sovra la mensa poi gli fea venire;
Il terzo avrà di lui l’elmo e ’l cimiero,
Ov’ha Marte legato e prigioniero.