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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/73

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cix
     Questi, di cui temete il guardo solo,
Son tutti di color di ch’io ragiono,
Nati e nodriti dal medesmo polo,
Nè dal ciel più di quelli han proprio dono.
Ora al primo valor si spieghe il volo
E rinfreschi di lui l’antico suono,
E seguite il mio piè, che vi conduce
Alla vera di gloria eterna luce.
cx
     Così dicea Mambrino, e mostra loro,
Per più infiammare i cor, l’altero scudo
Che di perso colore e d’ostro e d’oro
Diviso appar, d’ogni animale ignudo:
E lassando Ozonel col re Brunoro
S’invia co’ suoi dove l’Iberno crudo
Opra in danno d’Ivano e di Creuso
Oltre a quel che convegna al mortal uso;
cxi
     E lui con grande ardir primiero assale,
E gli dà in mezzo al capo aspra percossa
Che ben l’offese assai, ma non fu tale
Che impiagare o impedir di nulla il possa.
L’altra sua compagnia formata in ale
Da sinistra e da destra insieme e’ mossa,
E con l’aste e co i brandi gli stan sopra,
E di metterlo a terra ogni uomo adopra.
cxii
     Ma qual rigido scoglio e’ sempre in piede,
Nè paventa il furor di questo mare.
Pria di tutti Mambrin nel braccio fiede,
E gli fece la spada abbandonare;
Poi fra gli altri guerrier che ’ntorno vede
Tra fugaci colombe aquila appare,
Che chi in fronte ferito e chi nel fianco
Tra ’l fuggire e ’l morir venuto e’ manco.
cxiii
     Or poi che s’è veduta quella speme
Che più gli sostenea cadere in vano,
E che quanto egli incontra abbatte e preme
L’alto valor del fero Segurano,
Ciascun sì forte omai la morte teme
Che sprezzato ogni duce e capitano,
Stendendo il corso per l’angusta valle,
Al nemico vicin voltan le spalle.

CANTO VIII

ARGOMENTO

      Raccoglie i fuggitivi il prode Arturo
E vien contro di nuovo a Segurano;
Torna quindi per ambo il vincer duro;
Ma dal campo il secondo va lontano,
Chè Clodasso lo appella entro del muro
Ove al Nume sacrifica, nè invano;
La sposa abbraccia, e con Clodino poi
Torna alla pugna a sostenere i suoi.

i
Sì tosto come avvien ch’al grande Arturo
Le sollecite orecchie ripercuota
Del re Lago e de’ suoi lo stato oscuro
E l’aspra fuga di speranza vòta;
Fa che ’l re Caradosso il bianco e puro
Bel vessillo reale al vento scuota,
E le sonore trombe in quella parte
Sveglin dal nido suo l’invitto Marte:
ii
     E de’ suoi cavalier l’ornate squadre
Che nell’aperto campo avea distese
Vien tutte rivedendo, e qual pio padre
Lor rinfresca d’onor le voglie accese,
Dicendo: Or vien dell’opere leggiadre,
Alle quei sempre aviam l’anime intese,
La stagion convenevole, da poi
Ch’ogni estremo rimedio e’ posto in noi.
iii
     Ben potete veder ch’or sola giace
La salute comune alla man vostra,
Che, se fia del valor ch’a lei conface,
La vittoria e la gloria in tutto e’ nostra.
Ora a quel sommo onore e ben verace
Che la grazia di Dio n’alluma e mostra
Andiam con lieto cor, seguiam l’insegna
Che ’l celeste sentier con l’orme segna.
iv
     Così detto a ciascun, posato e tardo
Ben fra lor agguagliato il passo muove,
Infin ch’all’avventar di lancia o dardo
Viene ove Seguran fa l’alte pruove.
Indi come cervier, leone o pardo
Che la preda affamato in selva truove,
La polve infino al sol destando in alto,
Sprona il corso veloce al fero assalto.