Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/116

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Al donnesco valor, in mezzo il verno
E nel mezzo d’aprile alle compagne
Nel più solenne di portar dell’uve
Così intere, gentil, sì chiare e fresche,
Ch’al settembre più bel farian vergogna.
375Venga ora adunque, e candide e vermiglie
Ne prenda, come vuol; ma non acerbe,
Né ben mature ancor: riguardi al sole,
Che trasparenti sien; ch’al toccar senta
Certa giocondità callosa e dura.
380Sia grosso e vivo il gran; ma sia contesto
Raro sul raspo sì, che poi non possa
L’uno all’altro, premendo, oltraggio fare.
Chi le riscalda al sol; ciò presso al foco,
Per poco spazio pur: chi dentro al mosto,
385Quando più ardente sia, le attuffa alquanto;
Chi nell’acque bollenti, acciò che indure
La scorza a contrastar al tempo e al gielo:
Ma più saggia è colei che queste coglie,
Pria che le tocche il sol, avanti al giorno;
390E che senz’altro far le appende in loco
Sempre oscuro, serrato, asciutto e freddo,
Rare intra lor, che non vi nasca offesa.
Prendane d’altre poi mature e dolci:
Parte ne secchi al sole e parte al forno
395(Che l’uno e l’altro è buon) divise e ’ntere,
Per far più adorne le seconde mense.