Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/121

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Altri nel mosto ancora, al qual prestando
Del suo cortese odor, lo fa più caro.

Tosto poi che spogliando il bel granato,
Dentro vede i rubin vermigli e vaghi
Fiammeggiar tutti a guisa di piropo,
510Porti sotto al suo tetto; e ’l saldo piede
Bene avvolto di pece appenda in alto.
Quell’a cui più ne cal, lo bagna alquanto
Nell’umor di Nettuno; indi a tre giorni
Lo riporta a seccar a l’ombra e ’l sole
515La notte e ’l dì: poi, dove gli altri, ha seggio:
Ma quando l’ora vien, ch’estiva sete,
O che infermo calor che febbre adduce,
Vuol con esso temprar; non molto avanti
Lo torna a macerar fra le dolci acque.
520Chi lo copre d’argilla, e chi lo pone
Sopra l’arene sollevato in tanto,
Ch’attraendo l’umor, non tocchin lui;
Chi sovra l’onde, e ’n quella istessa forma,
Dentro un vasel che in nulla parte spiri:
525Chi fra ’l rude orzo lo nasconde in guisa,
Che non possa toccar chi gli è compagno.

Or, quantunque vulgar, non dee schernirse
La nespola real, né l’aspra sorba;
Che l’una e l’altra pur talvolta dona,
530Come al gusto sapor, salute al ventre.
Deggionsi tutte c"rre acerbe ancora