Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/170

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L’alte colonne sue, gli archi e i colossi,
Ond’il Graio e ’l Latin con ogni cura
Per rivestirne voi spogliâr se stessi,
E si spogliano ancor; come lor sembra
50Oltra il creder uman divina cosa!
Quante fur, Prassitele, Apelle e Fidia,
Di quelle opre miglior ch’aveste in pregio
In Efeso, in Mileto, in Samo, in Rodo,
Ch’or le vedreste lì congiunte insieme!
55Or di sì gran lavor, sì raro e vago,
Non sono io per parlar: ben spero ancora
D’esse, e d’opre maggior dei padri illustri
Ond’il sangue traeste, e di voi stesso
Cantar con altro stil tanto alti versi,
60Che i nomi che già fur molti anni ascosi,
Rimonteranno al ciel con tanta luce,
Che loro invidia avran Troia e Micene:
E la sacra Ceranta andar più chiara
Vedremo allor, che per le dotte piume,
65Già nel tempo miglior, l’Eurota e ’l Xanto.
Ma prima seguirò con basse voci,
Ove deggia il cultor e con qual arte
Governar il giardin, che sempre abbonde
(Senza averlo a comprar) la parca mensa
70Dei semplici sapor, di agrumi e d’erbe.

Prima a tutte altre cose, al felice orto
Truovi seggio il vilian, ch’aprico e vago