Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/169

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Lungo il Fonte gentil de le belle acque.
20Non s’imparan da me gli antichi marmi,
Le superbe muraglie, e l’ampie strade
Che ’n sì dotta misura intorno e ’n mezzo
Fan sì vago il mirar, ch’avanza tutto
Del felice Alcinoo, del saggio Atlante
25Quanto scrisse giammai la Grecia e Roma;
Né il lucente cristallo e ’l puro argento
Per gli erbosi cammin con arte spinti
A trar l’estiva sete a i fiori e l’erbe,
Con sì soave suon, che ’nvidia fanno
30A quel che in Elicone Apollo onora;
Poi tutto accolto in un ch’ogni uom direbbe
Che Diana gli è in sen con tutto il coro;
E nel più basso andar riposto giace
D’un foltissimo bosco, ove non pare
35Che giammai piede umano orma stampasse.
Quante fïate il dì Satiri e Pani
Tra le Driade sue, selvagge Ninfe,
Lo van lieti a veder, cantando a schiera,
Di maraviglia pien, tra lor dicendo
40Ch’ogni suo bene il Ciel mandato ha loro!
E riverenti poi la vostra immago,
Come cosa immortal, con voti e doni
Cingon d’intorno, e ’n boscherecci suoni
Empion le rive e ’l ciel del vostro nome!
45Poi l’albergo real dentro e di fuore,