Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/224

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Che cadendo sul dì, minaccia il cielo.
Qui tra i due buon German s’accoglie Apollo;
E l’Aquila vien fuor ventosa e molle:
Il pietoso Delfin da sera monta
Coi suoi Zeffiri in sen: or nell’aurora
240Il suo crudo veneno asconde l’Angue
Tra l’onde salse, e fa turbar il tempo,
Non però sì, che col Favonio e l’Austro
Non sia sommo calor: poi la Corona
Della vaga Arianna, al primo aspetto
245Del mattutino albòr si attuffa in mare
Con affanno e sudor: né lunge a lei,
E nel tempo medesmo, già in occaso
Va il Capricorno in parte: e ’nver la sera
Si può Cefeo veder, che ci minaccia
250Pioggia e tempesta: e pur nel mondo sveglia
Quel soffiar di Aquilon, che il sermon greco
Prodromo appella, ch’a predir ci viene
Che l’uno e l’altro Can che han seggio in alto,
Tosto denno apparir là vêr l’aurora
255Con sete e rabbia: e dopo lui riprende
L’Etesio il corso, e con più forza assai
Ci fa il mar tremolar, crollar le fronde,
Mentre che luce il Sol; poi dorme il vespro,
Così la notte ancor; né cangia stilo
260Fino in quaranta dì. Già lassa Febo
Più che mezzo il Leon, sicché ci mostra