Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/229

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Ma gli annoda alla fronte, e gli inghirlanda
D’un doloroso vel; sia certo il mondo
Di bagnarse quel dì: ché ’l mar turbando,
Ci vien Noto a trovar, mortal nemico
Alle piante, alle gregge, ai culti colli.
375Se riportando a noi la fronte ascosa
Tra spesse nubi pur, se in più d’un loco
Qualche raggio veggiam romper la gonna,
Spuntando intorno; o se la bianca Aurora,
Lassando il suo Titon, pallida surge;
380Triste le vigne allor! ch’a salvar l’uve
Non è il pampino assai, sì folta il cielo
Con orribil romor grandine avventa.
Poi quando i suoi corsier vanno all’occaso,
Più si deve osservar; ch’assai sovente
385Suol da noi dipartir con vario aspetto.
Il suo rancio color ci annunzia umore,
Borea il vermiglio; e se ’l pallor dell’oro
Già il fiammeggiante crin meschiato avesse
Di triste macchie ancor, vedrasse il mondo
390Andar preda di par tra piogge e venti;
Non discioglia il nocchier dal lito il legno
In simil notte mai; né il buon pastore
Meni, il dì che verrà, le gregge ai boschi,
Né il discreto arator nel campo i buoi.
395Ma quando ei ci ritoglie o rende il giorno,
S’ei mostra il lume suo lucente e puro,