Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/74

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Pur, quando avvampa il dì, quando è più chiaro,
Che sospetto non sia di pioggia o nebbia,
Conforto il segator; e s’egli avviene
Che improvvisa talor tempesta assaglia,
50Non l’ardisca toccare infin che torni
Con più possanza il sol ch’asciughe il tutto.
Quel che giacque di sotto, in alto volga;
E procuri sì ben, che molle intorno
Da nulla parte sia: ché fòra in breve,
55Con tristissimo odor, corrotto e guasto.
Né lasci anco venir secchezza estrema;
Ché ’n brevissimo andar fia trita polve.
Poi il chiuda in parte ove temer non possa
Il piovifero autunno, o ’l freddo verno:
60E dove manchi altrui capanna o tetto,
Serrilo tutto in un, di meta in guisa,
Sicché l’onda che vien, non trovi seggio,
Anzi rotando in giù sì tosto caggia,
Che quel poco lassù sia scudo al molto.
65Poi drizze il passo, ove all’uscir del verno
Senza spargersi seme andò l’aratro:
E si ricordi allor, che questa è l’ora
Di dar traversa la seconda riga
A i colli e i campi, che la terza poi
70Denno aspettar quando il signor di Delo,
Compito il maggior dì, ritorna indietro.
I primi a tutti sien gli acquosi e grassi,
In cui l’erba peggior più