Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/87

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Ch’a dir poco saria terrena voce.
Ahi cieco seme uman! se tu vedessi
In quante, lasso! stai miserie avvolto,
400Tal sovente di te pietade avresti,
Che bramando il morir, nemico estremo
Il tuo giorno natal più d’altro f"ra.
Perché, stolti, cerchiam ricchezze e stato?
Perché, folli, portiam supremo onore
405A chi tien più d’altrui terreno e impero?
Deh perché pur cerchiam che lunga sia
Questa vita mortal che in un sol giorno,
Come nasce un fanciul, viene a vecchiezza,
E d’oscura prigion per morte fugge?
410Ma poiché la natura e ’l cielo avaro
Con queste condizion n’ha posti in terra,
Usar ce le convien: ché ’n vano adopra
Contro a loro il poter l’ingegno umano.
Vie più saggio è colui ch’il dorso piega
415All’incarco mondan con meno affanno,
E senza calcitrar soggiace al fato,
E prende al faticar più bel soggetto.
Nessun pensi tra sé, che l’ozio e ’l sonno,
Lo star la notte e ’l dì tra i cibi e Bacco,
420Possin leve tornar quel che n’aggreva:
Anzi, s’ei cerca ben, null’altro fia,
Ch’alla soma mortal più peso aggiunga.
Son le membra per lor sì frali e ’nferme,