Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/91

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E nel più gran calor perdoni all’opre.
Quanto può, nel zappar, la polve innalzi,
Perché l’uve adombrando, ella si faccia
Contro a la nebbia e ’l Sol corazza e scudo.

Or non lasce il villan per l’altre cure
510Gli armenti, in questi dì, soli e negletti:
Ch’Admeto e gli altri che l’Arcadia onora,
Fur di sì gran valor, ch’ei vanno al paro
Alla madre Eleusina, a quel che sparse
Già nell’indico mar di Tebe il nome.
515Furo i sacri pastor quei che già diero,
Quando Giove restò del regno erede,
Al primo seme uman la miglior forma.
Quei le mugghianti vacche in larghe schiere,
Le feroci cavalle in lunghe torme,
520Le pecorelle umil, le capre ingorde
Giungendo in gregge, di dolcezza e d’arte
Senza altrui danneggiar nutriro il mondo.
Quei dal sole e dal gielo ivan coverti
Di spoglie irsute delle mandrie istesse:
525Ch’allor non ci mandava il Siro e ’l Perso
La seta e i drappi aurati, e Tiro l’ostro.
Fu l’albergo più bel di frondi e giunchi,
O sotto aperto ciel, vitelli e latte
Eran l’esca miglior: le fonti e’ rivi
530(Che pampinosa ancor Silen la fronte
Non aveva in quei dì) spegnean la sete: