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4 | il suicidio del maestro bonarca |
II.
Dal ponte il maestro Bonarca guardava l’acqua che trascorreva lenta e cheta, e della luna, attraverso la tenue nebbia, non riceveva luce bastevole per rifletterne a specchio l’imagine. Similmente la sua vita poteva forse trascorrere placida ed uguale, non accogliendo dall’arte maggior lume che quello sufficiente a una capacità mediocre. Ah sì! Gli parve ora d’essere rinsavito; di saper con giustezza misurare il proprio ingegno; di comprendere ch’egli s’era illuso e che l’avevano illuso; e, a convincersene, riandava ancora una volta, l’ultima volta, coraggiosamente e disperatamente, l’opera sua. L’adagio della sinfonia era soltanto una povera nenia; piacevole per il volgo. Nient’altro.
Atto primo. Vi balenava, nell’iniziale oscurità, qualche lucida frase; v’appariva un pensiero melodico, che cadeva subito come un volo cui mancò la possa dell’ali; e il duetto...; il duetto sarebbe stato bello se non avesse ricordato troppo l’Ernani. Dunque: a giudizio di critica giusta, serena, coraggiosa, il primo atto valeva poco, o nulla. Per fortuna era breve!
Atto secondo. Stringi e stringi.... Vuoto! vuoto! vuoto! L’introduzione?... Quale le promesse di