Pagina:Albertazzi - Top, 1922.djvu/102

Da Wikisource.
100 Adolfo Albertazzi


Quand’ecco fra i rami, proprio sopra al suo capo, vivacemente:

Francesco mio!...

Come ferito al cuore, nella rimanente vitalità, Mattucco s’alzò in piedi. Come il vinto che raccoglie le forze estreme per ributtare l’ultima viltà prepotente, l’ultimo scherno, si chinò ad afferrare un pezzo di zolla; e l’avventò con un grido osceno in alto. E al crepitìo della polvere tra il fogliame, il fringuello volò ad un altro albero. E di là:

Sì sì sì: Francesco mio...

Allora lo scemo ricadde e si mise a piangere.

Ma Colei che soffriva per il più atroce dolore umano, china nella penombra sul figlio livido e sanguinante, gli apparve; egli la scorse che piangeva tra le sue stesse lagrime. E parlava:

— Si sì sì, Francesco mio... Questo poverino muore, per te. Chiamalo! Fa che torni a prender la zuppa al convento: se no, muore, il poverino!

Ah Madonna santa! ah Madonna buona! Comprendeva lei, aveva compreso lei il torto di San Francesco, il male che aveva fatto!

Diceva soave:

— Vieni, Mattucco. Ritorna. Francesco mio ti dirà: «Sei qui?» . Francesco mio! Francesco mio!...; e fra’ Pasquale t’accoglierà, buono, tra e sue braccia, e ti darà un mestolo di zuppa.