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122 | Adolfo Albertazzi |
E come Dio volle, rifiorì la primavera. Il nonno con vigile cuore vedeva rifulgere quegli occhi, splendere quel sorriso di gioventù. Si celava dietro le macchie del giardino a spiar la nipote allorchè andava per il prato a raccogliere fiori umili, e non più dubitando l’udiva cantarellare.
Gli pareva salva. Non comprendeva che ella gioiva quale chi aspetti una prossima gioia, più grande; non capiva perchè l’anima di lei esultava in tal modo.
Passò, similmente, l’estate; passò un altro inverno. Poi andarono ad abitare nella villa nuova.
***
E giunse finalmente quel giorno. Livia era maggiorenne.
Il nonno l’attendeva nella loggia, per dirle:
— Adesso sei arbitra di te, di me, di quanto possiedo. Non mi abbandonare, Livia!
Ma quando ella uscì, anzi che morire di colpo a vederla, il vecchio ebbe uno strano senso di sollievo: gli parve cessare la sua agonia. Livia (e una carrozza da nolo avanzò nella corte), Livia era vestita da viaggio.
Risoluta; padrona di sè, disse:
— Addio, nonno!
Maledetta?
A mani in croce, a scorgere la maledizione nei terribili occhi, ella scongiurò: