Pagina:Albertazzi - Top, 1922.djvu/172

Da Wikisource.
170 Adolfo Albertazzi


sedevano al tavolino dirimpetto, cominciarono a guardar la giovane, a sorridere, a strizzar l’occhio.

— Uf! che caldo!

Bolliva dentro, Grappanera. In bel modo bisognava avvisar quei signori che se al caldo di fuori s’aggiungeva ancora un po’ più di caldo dentro, essi, quella sera, andavano a casa con la testa rotta. E che pensò lui? Prese con le due mani a una estremità la tavola di marmo, la sollevò e, come altri farebbe con una cartella, — Uf! che caldo! —, con quella egli si mise a sventolarsi... Semplicemente. Chi non avrebbe capita la minaccia?. I due ufficiali la capirono benissimo.

Ma ecco: — Marmo tarlato! — commentava, serio. Pannocchia. Ecco il martirio: Pannocchia il sensale dava sempre spiegazioni così strampalate, aggiunte così spropositate, prove così buffe ai racconti di Grappanera, che la verità ne restava oppressa e schernita, nonostante i richiami alla ragione. Si degnava di ridere a crepapancia anche Volturno Schiza. Per il ridere Colamosto si contorceva come in convulsione, su l’erba.

Al chiasso i curiosi accorrevano.

E: — Mi fate morire! — doveva concludere il povero martire, scappando con la cesta delle paste e delle mosche.

***

Perciò da un pezzo Grappanera si era imposta una norma che non avrebbe più trasgredita se non