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Zvanòn 199


Zvanòn!

Non mi sorrise; non mi salutò; mi guardò. Un istante.

Ed ebbi di nuovo quell’impressione di pena, indefinibile, per me, se non dicendo che l’anima sua si apprese, nell’istante, alla mia. Questa volta però non era stupore in lui: angoscia. Ed era Zvanòn ed era un altro.

— Cosa m’hai portato? — gli chiesi timidamente.

Non rispose. Mi chiese:

— Dov’è vostro padre?

La domestica lo condusse nello studio.

Indi a poco, da uno spiraglio, scorsi che mio padre usciva con il contadino. E giacchè Zvanòn non era più lui, io intuii una sventura.

Infatti quando mio padre tornò... — Ascoltavo palpitante dietro l’uscio quel che diceva con la mamma — ... Zvanòn aveva ammazzato con un colpo della vanga dal lato del taglio, in litigio, per una cinquantina di franchi che gli doveva — perduti nel giuoco da Tito — Tito del Mulinetto!

Per una cinquantina di franchi che Tito aveva perduti al giuoco?

— No no! — fui per gridare in uno scoppio di pianto, e precipitarmi di là, dai miei, e dire:

— Io lo so il vero perchè Zvanòn ha ammazzato Tito!

Ero certo. Il lampo della verità aveva illuminata la mia mente non più ingenua, come otto e