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Pagina:Albertazzi - Top, 1922.djvu/24

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22 Adolfo Albertazzi


grandi, a maglie larghe e a maglie strette. E han tutte il loro nome, eh?

— Sì. Quella lassù, distesa, si chiama aiuolo; quella accanto, paretella; quell’altra, è una ragna. Queste qui giù sono erpicatoi, diluvi. Questa che sto aggiustando è una lungagnola.

Intanto Diego Tarelli cercava accostarsi all’uscio (l’uscio dal buco della serratura aperto); e come ci fu, volse il dorso e alzando gli occhi alla parete di contro:

— Anche armi antiche — disse — Curiose!

Il signor Prospero accennava:

— Uno schioppetto del seicento. Una cerbottana; una balestra.

— E gli ordigni, più in basso?

(Com’era difficile...).

— Corni da polvere.

— No: intendo dir gli altri, là, a terra.

(Com’era difficile infilare un bigliettino nel buco della serratura voltandole le spalle!).

— Sono trappole; pignuole; bertovelli.

— E il modo d’usarli?

— Semplicissimo.

Il signor Prospero andò a prendere una gabbia col ritroso per dimostrarla da vicino al visitatore; e questi intanto riuscì a spingere nel buco il biglietto che la mano dell’Elena da un pezzo era pronta a ricevere.

Ma la faccenda non doveva finir bene. Colpa di Top.