Pagina:Albertazzi - Vecchie storie d'amore, 1895.djvu/38

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24 il leardo.


dell’aria: sussurravano le foglie, stormivano le rame, cinguettavano le passere, chioccolavano i merli, strillavano le gazze: murmuri, palpiti, fremiti; voci e canti ed inni: un inno concorde e solenne di gioia e di grazie della natura universa al sole ed all’amore.

Il cavaliere non affrettava il cavallo. E le sembianze dell’amata, mal certe al suo sguardo durante il colloquio, allora gli s’avvivavano nell’imaginativa sí che rivedeva piú bella la donna; le parole di lei risonavano al suo orecchio piú dolci e piú distinte e, come voleva la letizia dell’ora, egli, che di lei non aveva per anche tócca una mano, ne sognava l’intero possesso con ingannevole gaudio. — Oh le morbide guance di rosa e le carni gigliate e fresche!

Ma la notte, traversando la boscaglia alla volta di Farneto, un’ambascia grave gli pesava su l’animo, e quanto più disperava di un lieto fine al suo amore tanto più ardeva dal desiderio di rivedere almeno e di riudire Giovanna cosí, di furto, la notte. E mentre cercava tra le fronde spesse la vista delle stelle, scorgeva delle ombre