Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/101

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libro secondo 95

alcune virtù, le quali sì sono propie nostre che con altri alcuno animante terrestre mai permisse la natura esserle comuni. E quale uomo sarebbe mai da preponere, anzi da segregarlo dagli altri animali bruti e vili, se in lui non fusse questa prestanza d’animo, questo lume d’ingegno, col quale e’ senta e discerna che cosa sia onestà, onde con ragione poi sèguiti le cose lodate, fugga ogni biasimo, e simile, quanto adrizza la ragione, ami la virtù, aodii il vizio, e sé stesso inciti con buone opere ad acquistare fama e grazia, e così in ogni lascivo apetito sé medesimo rafreni e contenga con ragione, senza la quale niuno sarà da chiamare non stolto? Torrai all’uomo l’uso e modo della ragione, a lui nulla rimarrà se non le sole membra dissimili dagli altri animali silvestri e inutilissimi, i quali tutti, senza intero discorso, pure in questo participi di qualche ragione, solo quanto in loro la natura richiede a procreare obbediscono all’apetito. Ma l’uomo, el quale non sino a satisfare alla natura, ma sino a saziarsi e infastidirsi pur qui s’involge nelle voluttà, e sé stessi al continuo desta e incende a conseguire questo non naturale perché da volontà mosso, ma superchio e propio bestiale appetito, e qui con mille incitamenti, motteggi, risi, canti, danza e leggerezza assai sé stessi infiamma, non pare a te questo sia sommamente da essere biasimato, e doppo qualunque bestia abietta e infima isvilito e spregiato? Qual uomo non in tutto stolto e insensato non conosce questo essere, quanto egli è, cosa disonestissima e scelleratissima, violare l’amicizia, viziare la consanguinità, spregiare ogni costume? E qual mai si truova sì in tutto lascivo, da cui non spesso si vegga che molte sue ardentissime voglie e appetiti rimangono da vergognarsi e temere biasimo tenuti adrieto e in miglior parte svolti, ove restano contenti seguire onestà più tosto che libidine, e godono molto più satisfare all’amicizia che all’amore? Troppo sarebbe misera, imbecillita la natura umana, se a noi fosse forza sempre perseguire ogni nostro amatorio desiderio. Troppo sarebbe infelicità la nostra, se presi d’amore mai ci fusse licito non rendere le prime parti de’ nostri pensieri alla onestà, conservando el vincolo e religione de’ parentadi e amicizie.