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118 i libri della famiglia

dace calunniatore, e’ quali allora arebbono da riprendere quando tu tacessi queste sì necessarie cose, le quali osservate sono utilissime, non curate troppo sono dannosissime.

Lionardo. Sanza dubbio questi precetti sono utilissimi, ma pure egli era forse il meglio volere parere manco dotto che troppo inetto, come forse ora a me converrà essere. L’un ragionamento alletta e tira l’altro. Dissi della congiunzione, la quale ricerca ch’io dica testé come si debba trattare la donna quando ella sia gravida; e ancora nel partorire, e partorito ch’ella arà, par se gli debba qualche documento. E così dove io avea statuito narrarti gl’instituti della famiglia, io arò a descriverti precetti di medicina, e insegnarti essere, come dicevano gli antichi, ostetrici. E che più? Aremo noi a imitare quel Gaio Mazio antico amico di Gaio Cesare, el quale descrisse l’arte de’ cuochi e l’arte de’ pistori? Aremo noi a ’nsegnarti ancora a fare la pappa e zuppa pe’ fanciulli? Ma poiché noi siamo caduti in questi ragionamenti, sieci licito essere brevissimi, e lasceremo a’ medici con ragione difendere e’ documenti suoi, quali succinte raconteremo. La donna adunque, quale sentirà sé gravida, usi vita scelta, lieta e casta, vivande leggieri e di buon nutrimento; non duri superchie fatiche, non s’adormenti, non impigrischi in ozio e solitudine, partorisca in casa del marito e non altrove; produtto el parto, non esca a’ freddi, né a’ venti, se prima in lei ogni fermezza di tutti i membri suo’ non sono bene rassettati. E ho detto.

Battista. E quanto brieve!

Lionardo. Abbiamo adunque el modo a crescere la famiglia. Ora diremo in che modo ella si conservi, se in prima dico due cose necessarie a’ nati fanciugli, nelle quali veggo molti padri non poco errare. A me nella famiglia nostra Alberta, e in prima ne’ figliuoli di messer Niccolaio, diletta quella leggiadria di que’ bellissimi nomi, Diamante, Altobianco, Calcedonio, e negli altri Cherubino, Alessandro, Alesso; e pare a me ch’e’ nomi sozzi abbiano in molta parte facultà a disonestare la dignità e maestà di qualunque uomo virtuoso.