Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/13

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prologo 7

nissimi inimici, la fortuna contro gli esserciti latini travagliarsi e combattere e in molti modi affaticarsi per opprimere e abbattere l’imperio e la gloria nostra e tutta Italia, la qual con assidui e innumerabili triunfi di dì in dì maravigliosa cresceva! E chi mai racontasse come spesso e in che modi contro a noi, a que’ tempi e poi, la fortuna istessa ci fusse iniqua e infesta, sollevando ad invidia populi, prìncipi, nazioni, e a tutto il mondo perseminando avverso di noi odio e malivolenza? Né lei pur valse mai con alcuna sua furia o bestiale alcuno impeto frangere gli animi di que’ buoni patrizii senatori latini, e’ quali, vincendo e soperchiando ogni avversità, domorono e oppressorono tutte le genti superbe, e tutto in provincie el mondo ridussero, e persino fuori delli ambiti e circuiti della terra affissero e’ termini dello incredibile nostro latino imperio. Poterono adunque gli avoli nostri latini ivi opporsi e sostenere ogni inimico impeto, ove per niuna sinistra fortuna quelli animi virilissimi, quelle menti divine, restorono di volere, come volendo poterono e potendo saperono, grandirsi e augumentarsi trionfando. Si fu la loro immensa gloria spesso dalla invidiosa fortuna interrutta, non però fu denegata alla virtú; né mentre che giudicorono l’opere virtuose insieme colle buone patrie discipline essere ornamento ed eterna fortezza dello imperio, all’ultimo mai con loro sequì la fortuna se non facile e seconda. E quanto tempo in loro quegli animi elevati e divini, que’ consigli gravi e maturissimi, quella fede interissima e fermissima verso la patria fioriva, e quanto tempo ancora in loro più valse l’amore delle publice cose che delle private, più la volontà della patria che le proprie cupiditati, tanto sempre con loro fu imperio, gloria e anche fortuna.

Ma subito che la libidine del tiranneggiare e i singulari commodi, le ingiuste voglie in Italia più poterono che le buone legge e santissime consuete discipline, subito cominciò lo imperio latino a debilitarsi e inanire, a perdere la grazia, decore e tutte le sue pristine forze, e videsi offuscata e occecata la divina gloria latina, quale persino fuori dello Occeano prima risplendea per tutto e collustrava. E tu, Italia nobilissima, capo e arce