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134 i libri della famiglia

possiamo quanto dobbiamo onorare e servire a Dio con giustizia, pietà, moderanza, e con ogni altra perfetta e lodatissima operazione. Sia adunque persuaso che l’uomo nacque, non per atristirsi in ozio, ma per adoperarsi in cose magnifice e ample, colle quali e’ possa piacere e onorare Iddio in prima, e per avere in sé stessi come uso di perfetta virtù, così frutto di felicità.

Forse a voi pareva mi fussi troppo dal proposito alienato, ma non sono state se non necessarie queste recitate cose a provare quanto io stimo avervi persuaso. Ma non disputiamo testé quale di quelle opinioni più sia vera e da tenere. Diciamo al nostro proposito che l’uomo sia posto in vita per usare le cose, per essere virtuoso e diventar felice, imperoché colui el quale si potrà dire felice, costui agli uomini sarà buono, e colui el quale ora è buono agli uomini, certo ancora è grato a Dio. Chi male usa le cose nuoce agli uomini e non poco dispiace a Dio; e chi dispiace a Dio stolto è se si reputa felice. Adunque si può statuire così: l’uomo da natura essere atto e fatto a usufruttare le cose, e nato per essere felice. Ma questa felicità da tutti non è conosciuta, anzi da diversi diversa stimata. Alcuni reputano felicità avere bisogno di nulla, e questi cercano le ricchezze, le potenze e amplitudine. Alcuni stimano a felicità non sentire incarico o dispiacere alcuno, e questi si danno alle delizie e voluttà. Alcuni altri pongono la felicità in luogo più erto e più difficile a giugnervi, ma più onesto e più sopra i lascivi appetiti, in essere onorati, stimati dagli altri uomini, e questi intraprendono le fatiche e gran fatti, le vigilie e virili essercizii. Forse di questi ciascuno può aggiugnere non molto discosto dalla felicità adoperandosi con virtù, usando le cose con ragione e modo. E così adoperando l’altre cose insieme a sé stessi con temerità e sanza ordine, gli segue molto errore, e tanto più a lungi si truova addutto errando quanto di sé e de’ doni d’Iddio peggio meriterà con vizii e impietà. Questo sarà quando el vizioso verrà ne’ suoi presi essercizii più o manco che non richiede e patisce l’onestà e ragione.