Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/183

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libro terzo 177

quanto io pruovo in me, e’ dice il vero. All’uomo negligente fugge il tempo. Segue che il bisogno o pur la volontà il sollecita. Allora quasi perduta la stagione gli sta necessità fare in furia e con fatica quello che in sua stagione, prima, era facile a fare. E abbiate a mente, figliuoli miei, che di cosa alcuna mai sarà tanta copia, né tanta abilità ad averla che a noi non sia difficilissimo quella medesima fuori di stagione trovarla. Le semente, le piante, e’ nesti, fiori, frutti e ogni cosa alla stagione sua pronto si ti porge: fuori di stagione non senza grandissima fatica si ritruovano. Per questo, figliuoli miei, si vuole osservare il tempo, e secondo il tempo distribuire le cose, darsi alle faccende, mai perdere una ora di tempo. Potrei dirvi quanto sia preziosa cosa il tempo, ma altrove sia da dirne con più elimata eloquenza, con più forza d’ingegno, con più copia di dottrina che la mia. Solo vi ricordo a non perdere tempo. Così facciate come fo io. La mattina ordino me a tutto il dì, il giorno seguo quanto mi si richiede, e poi la sera inanzi che io mi riposi ricolgo in me quanto feci il dì. Ivi, se fui in cosa alcuna negligente, alla quale testé possa rimediarvi, subito vi supplisco: e prima voglio perdere il sonno che il tempo, cioè la stagione delle faccende. Il sonno, il mangiare e queste altre simili posso io recuperare domane e satisfarle, ma le stagioni del tempo no. Benché, a me rarissimo aviene, — se io arò bene distribuito le faccende mie a ciascuno tempo e ordinato, né sarò stato dipoi negligente, — dico, rarissimo e quasi mai m’acade che io abbia ivi a perdere o sopratenere mia necessità alcuna. E se egli acade che io per allora nulla possa rimediarvi, vengo insegnando a me stessi come per l’avenire abbia non simile a perdere tempo. Fo adunque di queste tre cose quanto avete udito. Adopero l’animo e il corpo e il tempo non se non bene. Cerco di conservalle assai, curo non perderne punto. E a questo mi porgo sollecitissimo e quanto più posso desto e operoso, imperoch’elle a me paiono quanto le sono preziosissime e molto più proprie mie che altra alcuna cosa. Ricchezze, potenze, stati, sono non degli uomini, no, della fortuna