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190 i libri della famiglia

da preporre la sanità; però molto ricercherei ove fusse l’aria e l’altre cose più atte alla sanità. Sapete voi, figliuoli miei, l’uomo sano per tutto guadagna in qualche modo, e l’uomo infermo mai si può riputare ricco; e chi è giusto e buono, costui pur si truova riguardato da tutti.

Lionardo. Lo onore?

Giannozzo. In ogni lato, Lionardo mio, chi sarà buono e farassi conoscere buono, costui sarà onorato e pregiato.

Lionardo. Sono contento. Ma in prima che parrebbe a voi bene atto alla sanità?

Giannozzo. Quella quale, voglia tu o no, tale ti conviene usarla quale tu la truovi: l’aria.

Lionardo. Poi apresso?

Giannozzo. L’altre buone cose al cibo e al vivere nostro, — e fra esse il buono vino, Lionardo mio. Tu ridi?

Lionardo. E quivi vi fermeresti?

Giannozzo. Dove io bene mi riposassi e bene fussi veduto.

Lionardo. Come faresti voi? Comperresti voi la casa, o pur ivi ne torresti una a pigione?

Giannozzo. A pigione certo no, però che in tempo l’uomo si truova più volte avere comperata la casa e non averla; che me ne comperrei una ariosa, spaziosa, atta a ricevere la famiglia mia, e più, se ivi capitasse qualche amicissimo, poterlo ritenere in casa onestamente. E in questa cercherei spendere quanto manco potessi danari.

Lionardo. Torresti voi forse fuori di mano la casa, ove le abitazioni sogliono vendersi vile, e come si dice a migliore mercato?

Giannozzo. Non dire migliore mercato. Niuno può essere buono pregio quale tu spendi in cosa non ti s’acconfaccia. Ma cercherei spendere in casa mi s’aconfacesse, non più ch’ella si valesse; né sarei furioso, né mi monstrerrei volenteroso comperatore. Eleggere’mi casa posta in buona vicinanza e in via famosa ove abitassono onestissimi cittadini, co’ quali io potessi senza mio danno farmegli amici, e così la donna mia dalle donne loro avesse onesta compagnia senza alcuno