Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/219

Da Wikisource.

libro terzo 213


Giannozzo. Perché quello che era necessario fare mi giova subito avello fatto, non fusse per altro se none per avermi scarico di quello pensiero. Così adunque fo le necessarie subito, ma le voluntarie spese traduco io in altro modo buono, utile.

Lionardo. E quale?

Giannozzo. Ottimo, utilissimo. Dicotelo. Indugio, Lionardo mio, indugio parecchi termini, indugio quanto posso.

Lionardo. E questo perché?

Giannozzo. Pur per bene.

Lionardo. Desidero sapere che buona cagione vi muova, ché so nulla fate senza ottima ragione.

Giannozzo. Dicotelo. Per vedere se quella voglia m’uscisse in quello mezzo; e non m’uscendo, io pure mi truovo avere spazio da pensare in che modo ivi si spenda manco, e più a pieno mi satisfaccia.

Lionardo. Ringraziovi, Giannozzo. Voi testé m’avete insegnato schifare molte spese, alle quali io, come gli altri giovani, raro mi sapeva rafrenare.

Giannozzo. Però non è se non dovuto che a noi vecchi si renda molta riverenza, e così a voi giovani pare sia utile in ogni vostra faccenda addimandiate e riceviate da noi padri consiglio. Molte cose di questo mondo meglio per pruova si conoscono che per giudicio e prudenza, e noi uomini non gastigati dalle lettere, ma fatti eruditi dall’uso e dagli anni, e’ quali a tutto l’ordine del vivere abbiamo e pensato e distinto quale sia il meglio, non dubitare, possiamo in bene molte cose con la nostra pratica forse più che a voi altri litterati non è licito colle vostre sottigliezze e regole di malizia. E dicovi, sempre a me parse via brevissima a, come voi dite, bene filosofare, conversare e assiduo trovarsi apresso de’ vecchi, domandarli, udirli e ubidilli, imperoché il tempo, ottimo maestro delle cose, rende e’ vecchi buoni conoscitori e operatori di tutte quelle cose, quali a noi mortali sono nel vivere nostro utili e buone a tradurre l’età nostra in quiete, tranquillità e onestissimo ozio.