Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/353

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cena familiaris 347

tellanza fra loro insieme piena di carità e iusto offizio; come veggo qui oggi Battista, dandoci essemplo di sé, pari vorrebbe vedere da noi. E così faremo; imiteremo e’ nostri maggiori, quali niuno dì vacava che essi non convenissero insieme, conferivano delle cose oneste e delle cose atte al bene della famiglia. Era fra loro el nome Alberto pari a una loro repubblica; curavanla, correggevanla con ogni vigilanza e circuspezione. L’uscio di qualunche di loro, l’animo, lo onore, ogni cosa era fra loro commune e quasi proprio, sì ad uso, sì a governo e mantenimento. Chi amava uno, sentiva sé accetto per questo a tutti gli altri; chi forse offendeva qualunche etiam minimo fra loro, dispiaceva a tutti, e massime a chi più sapeva e valeva. Pensate voi, o figliuoli nostri; come può essere una famiglia in bene e non mal felice, dove questa amorevolezza e ragione di conformarsi insieme non sia? Ove potrà una famiglia essere urtata, quando questa volontà e consenso a tutti commune sarà in animo con opera e prontezza bene confirmata?

Battista. Io spesso mi maraviglio, quando vidi in alcuna famiglia tanta, non dico solo ignoranza, ma inetta ostinazione di gareggiare, massime per acumulare a sé qualche parte di peculio e levarlo da chi per molte ragioni questo doveva presso di lui essere commune; onde poi asseguìta la impresa, trovorno perdita maggiore che vittoria. Qualunque in ogni istoria mai volse conducere cosa alcuna degna in republica, sempre in prima dede somma opera di multiplicarsi fautori e conspiratori. La natura dede alle famiglie ottimo fra loro e proprio vinculo, sopra tutti fermissimo: questo fu la vera e dovuta consanguinità, onde fussero contro a’ casi avversi più muniti, e dalle ingiurie de’ pessimi meno offesi. Tu contenzioso preferisti uno piccolo transitorio emolumento a tanta fermezza d’ogni tua fortuna e bene, e violasti la religione e santità della innata fratellanza. Chi traprenderà essere a te amico, quando tu ricusi essere amato da’ tuoi, quali amerebbono te, se tu amassi loro? Quale sarà fra’ cittadini sì infimo che stimi te, e non pigli ardire a noiarti quando e’ ti vegga