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116 profugiorum ab ærumna

«Tu mortale cognosci te stessi. Di cose poche e minime si contenta la natura. A chi sia savio mai mancano le cose ottime, mai avviene cosa sinistra, sempre vive libero e sempre vive lieto». Poi ostentano quella ambiziosa austerità del ripreendere chi sé forse dia alle delizie; mordono chi curi le cose caduce e fragili; perseguitano chi succomba al dolore; inimicano chi tema e’ pericoli; odiano chi non esca di vita con animo invitto e nulla perturbato. Uomini prestantissimi! Uomini rari! E voi con opra come approvate e’ vostri detti? Qual fie di voi che potendo non volesse più tosto viver lauto e splendido, che povero e assediato da molti incommodi?

Crates filosofo volle la casa magnifica, gli apparati regi e vari ornamenti, vasi d’oro gemmati, mense argentee; qual cose e’ predicava da nolle stimare. Aristippo, quell’altro filosofo, comperò una perdice cinquanta dramme. A Senocrate filosofo donò Dionisio tiranno una grillanda d’oro in premio perché e’ vinse tutti gli altri a bevere. Lacides, pur filosofo, per troppo bere divenne paralitico. Non racconto Bione filosofo quale, domandato che cose facendo in vita lo rendesse lietissimo, rispuose: guadagnando. Ma mi maraviglio del nostro Aristotile che per delicatezza si lavasse nell’olio tiepido e per avarizia poi lo vendesse a’ suoi cittadini. E Zenone stoico, padre ed esplicatore di questa austera e orrida filosofia, quale per insino alli dii prescrive severità, e con parole combatte assiduo contra la fortuna ed estermina e succulca da sé ogni sua licenza e beneficio, coll’opra come si porta? Egli udì che le sue possessioni erano arse e guaste dagli inimici; perturbossene in modo che ’l re Antigono, quale lo estimava quasi come un dio mortale in terra, se ne maravigliò, e forse ne iudicò quello che iudico io, che molti ragionano delle cose aspere e dure in ombra e in ozio non male, quali le soffrirebbono credo poi non bene. Chi fu in ogni suo detto e scritto più ostinato biasimatore di chi cede alla fortuna e non affermi la sola virtù essere ultimo bene a’ mortali; chi fu in simile superstizioni più veemente ripreenditore che ’l nostro Seneca latino stoico? E qual fu egli in fatti? Quanto dissimile dalle parole! Scrive Cornelio istorico che costui tanto temette la morte che per non cadere in insidie quale