Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/123

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libro primo 117

e’ temea da Nerone e da’ suoi veneni, più tempi non si fidò mangiare altro che pomi e frutti crudi, né bevve altro che acqua di quella solo che surgeva fuori da entro della terra.

Potrei raccontarvi molti simili. Ma questi a che fine? Solo per inferire quello ch’io sento e giudico, e dico: se questi uomini dotti ed essercitatissimi, inventori, defensori e adornatori di queste simili sentenze più tosto maravigliose che vere, o non poterono secondo noi altri men dotti, o forse, secondo voi prudentissimi, non seppero nulla stimare le cose caduce e poco temere le cose avverse, noi altri e d’ingegno e di condizione e di professione minori e in ogni grave cosa più deboli, chente potremo? S’io non erro, tutti vorremo vivere sanza sollicitudine e acerbità. Ma che a me, o se io non so e non sapendo non posso, o se in tutto io non posso quanto io vorrei? Alcuni poterono soffrire el dolore, nulla curare la miseria, ridere la sua fortuna. E Muzio Scevola potette sofferire lo incendio della mano. Molte maggior crudezze possono in noi le paure, le iracundie e gli altri simili furori. Didone precipitata da furore uccise se stessa. Molti per paura di maggior tormenti deliberorono uscire di vita. E quegli altri cupidi di gloria, che col fronte e colle parole ostentorono in sé maravigliosa durezza contro a’ casi e contro alle perturbazioni, Dio lo sa se l’animo loro era pacato e tranquillo. E pure, se uno e un altro si truovò in cui non fusse alle calamità sue sentimento e animo umano, furono o dii o certo non uomini. Chi non sente le cose che senton gli altri infiniti uomini, costui solo non è uomo. Se negli animi umani abita la carità, se v’ha luogo l’amore, convien che vi cappia l’ira e la indignazione e simili. Che maraviglia adunque se uno animo umano desidera e’ suoi? Miracolo sarà, anzi immanità non gli desiderare, e desiderandogli non dolersi di non gli avere. Se v’è sentimento delle cose nocue e nimiche, chi sarà che nulla si dolga in le sue calamità? E’ si vuole ben consigliarsi colla ragione, adattar l’animo a virtù. O Agnolo, rammentavi quel detto di quello antico Gione: «tanto duole a un calvo quanto a un ben capillato quando tu lo peli». Ma che noi pure ne trastulliamo con parole dove bisognerebbono e’ fatti? Dicea Cesare presso a Sallustio: qualunque consiglia conviene che sia libero d’ogni pertur-