Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/125

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libro primo 119

in dispetto suoi detti e fatti. Così compreendiamo che alcune cose da natura non si possono; alcune non da natura non si possono, ma da nostra inerzia, desidia e concetta opinione sono da noi stessi vetate. Tu dicesti, ciascuno vorrebbe vivere soluto e libero in queste cose quali più sono facili a disputarne che a sofferirle. Ma quel ch’è difficile a questi disputatori, a noi non par possibile. Guarda, Niccola, s’egli è così, che dove ogn’uomo può, rari vogliono ben meritare di sua virtù. Raccontasti uno e un altro splendido e curioso delle cose caduce. Chi ti loda in loro quello che non fu loro debito? E di che disputiamo noi, di quello che fecero, o pur di quello che e’ poteano e potendo doveano fare? E se dalla vita e costumi loro dobbiamo argumentare e statuire le ragioni e modo del vivere bene e lodati, raccontiamo quegli altri molti più che questi, pur filosofi, quali furono contenti d’una sola e trita vesta, quali per loro diversorio abitavano un vaso putrido e abietto, quali vissero non d’altro che di cavoli, quali sì abdicorono da sé ogni cosa fragile e caduca che né pure una scodella volsero ritenere a sé. Non te li racconto, ché fuggo anche io esser prolisso; ma tu, omo litterato, riducetegli a memoria e teco pensa donde questi miei così poterono quello che que’ tuoi non volsero, e pensa donde que’ tuoi non volsero quello che volendo poteano pari a’ miei. Troverrai che questi così poterono perché volseno vincere sé imprima e’ suoi appetiti e volontà; quelli non volseno frenare e moderare sé stessi, però soluti e sciolti meno poterono contenersi in suo officio. Seneca fuggì cadere in insidie e veneno di Nerone. Dicea quel prudentissimo Agamenon, presso ad Omero, doversi riprendere niuno quale o dì o notte che fusse, fuggissi di non incontrarsi al male. Altra cosa è vitare gl’incommodi, altra vinto succombere sanza prima concertare e provare sé stessi e sua virtù. Quello è prudenza provedere e schifare el dispiacere; questo si è ignavia abbandonare sé stessi. E sarà fortezza fare come e’ dicono che fa la palma, legno qual sempre s’accurva e impinge contro al suo incarco. Questo ti confesso potrà meglio chi più sarà essercitato nelle durezze de’ tempi, nella asperità del vivere, e chi già fece e’ calli sofferendo. Diresti; che cagione adunque perturba in noi tanta ragione e officio? Rispondere’ti quello che testé m’oc-