Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/154

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148 profugiorm ab ærumna

cava sol quello che egli udia. Io, come un scoglio a mezzo el mare, persevero sopportando le vostre onte, e sofferendo vinco, in modo che quanto più arditi mi pettoreggiate, tanto più infrangerete voi stessi, ed evvi tanto più acerbo poi el pentirvene». Così faremo e noi: colla pazienza e col soffrire la insolenza altrui vinceremo; e imiteremo Antonio oratore, qual dicono che col frenarsi e ritenersi facea che chi l’aizzava con parole immoderate parea al tutto furioso. Marco Ottavio ruppe colla tolleranza e’ furiosi impeti di Tito Gracco. E appresso di Iosefo istorico, dicea quell’Agrippa re de’ Ierosolomitani che chi è offeso e soffre, facile induce col suo soffrire a chi l’offende un vergognarsi di tanto perseverare in sua malignità. Numa re de’ Romani, abducendo e’ cittadini suoi dall’uso ed essercizio dell’arme al culto e osservanza della religione, gli rendè meno infestati e meno molestati da’ suoi finittimi e vicini, e acquistò loro amore e reverenza. E vuolsi sapere perdere qualche volta quando il vincere sia non necessario; ed è in guadagno quella perdita onde pello avvenire segue che tu men perda.

Ma se forse questi tuoi avversari e inimici cominciassero pur aversi teco con loro ingiurie e malignità troppo infesti e molesti, non sono io quello qual voglia da uno animo umano cosa alcuna non umana. Scrive Iulio Capitolino che ad alcuni quali vetavano piangere un calamitoso in sua presenza, disse Antonino Pio: «Lasciatelo essere uomo, imperoché gli affetti dell’animo non si possono con imperio togliere né con alcuna filosofia in tutto distenere». Così io non vieto che tu non senta le cose acerbe agli uomini quando e tu sia uomo. Proverbio antiquo presso de’ Greci: chi non sente le iniurie, si è più di sei volte bue. E come diceano, presso a Livio istorico, que’ Tarquini: egli è cosa pur pericolosa vivere fra’ mortali non con altro che colla sola innocenza. Conviensi alle volte mostrare che ’l tuo stomaco ha collera come quello del compagno. Un che avea l’occhio non sincero e netto, rispose a un zembo e zoppo: «Ben dicesti ch’io veggo male quando io ti stimai diritto ed equale». Così noi. E per non lasciare oltre errare ad altri, e per non cadere, come dicea Laberio poeta, che la spesso offesa pazienza diventa furore, con modo scuoteremo e distorremo da