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libro terzo 179

d’animo. L. Silla cantava non rarissimo, e Cimon, quel celebratissimo ateniense, doppo cena cantò appresso di Laumedonte. Scipione, qual fu lume non solo dell’arme e impeto romano, ma lume in prima illustrissimo d’ogni civiltà latina, solea con molta grazia spesso danzare. E Appio Claudio, uomo che trionfò, sendo grave e maturo, persino in ultima sua età danzò molto volentieri e con molta iocondità. Augusto, quel primo successore a Cesare, quale tre volte chiuse el tempio di Iano Quirino, non più che una o due volte prima veduto in Roma non aperto, scriveno che per suo trastullo solea pescare coll’amo, e non raro giucare alle nocciuole in mezzo di più fanciugli quali fossero d’aspetto dolce e di parole arditi. Ed Eraclito filosofo simile non fue più volte veduto appresso al tempio di Diana giucare alle murelle co’ fanciugli? E Socrate, principe d’ogni modestia e gravità, non soleva egli per ricrearsi giucare a que’ simili giuochi puerili insieme co’ fanciugli? Lelio e Scipione sul lito presso a Gaeta soleano simile trastullarsi co’ calculi e fargli balzellare sopra l’acque e a maraviglia insieme rinfanciullire. Referirovvi a questa similitudine ciò che a me verrà in memoria. Publio Muzio iurisconsulto giucava per darsi ozio a quel giuoco quale e’ chiamavano duodecim scripta; e Claudio Cesare giucava a quel giuoco chiamato alea, e scrissene un libro non solo per esplicare che artificio vi bisogni per vincere, ma forse in prima per pigliarsene diletto scrivendone. E simile C. Macio e M. Ambivio, patrizi romani, dice Columella, scrissero que’ duo libri Quocum et Pistorem, dove e’ comandano a questi che venendo a mescolarsi con qualche femmina tocchin nulla se prima e’ non si lavin le mani in fiume. E scrissero costoro non per insegnare cuocere el pane e fare la cucina, ma credo solo per imitare Solone, prestantissimo principe e filosofo in Grecia, quale recita Plutarco che per recrearsi dalle fatiche delle sue faccende solea darsi a scrivere versi lascivi. Penolopes, presso ad Omero, tenea in sue delizie venti oche, credo io, bionde bionde, e gratificavagli intanto dimenticarsi el suo Ulisses quanto ella curava quella sua domestica greggia e famigliuola. Alessandro, quello ottimo principe romano nimico de’ ladri, quale talvolta con tanto stomaco si versava contro a’ rapaci cittadini che la