Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/20

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14 rime

     Tu pur ti ridi di mie pianti e strida,
e pur t’agrada pur seguir durezze,
per più avampar l’ardor che in me s’annida.
     100Non agroppar, non argentar tuo trezze,
non purpura, auro, gemme, fronde o fiori,
son laude o pregio alle tue bellezze,
     ma aver impero in chi te sola adori,
saper usar la fede e diligenza
105di chi te sempre lodi e sempre onori
     t’è pregio, o Mirzia: e bella donna senza
aver chi speri in sue bellezze amando,
è indegna di biltade e riverenza.
     Mira le lacrime e i sospir ch’io spando;
110pensa alle fiamme, all’isciolto furore
che ognor fra mie pensier corre ondeggiando.
     Ah dura, spiatata Mirzia, core
di tigre, di giaccio! O inumana,
s’a piatà non t’incende il nostro ardore!
     115E tu, feroce Amor, così fà: sbrana
mie nervi e forze; ardi, consuma meme;
sazia qui in me tuo arte e man profana.
     Io posso in me provar fatiche estreme,
ultimi casi, dolori e martiri,
120ove soffrendo mi mantenga speme.
     E vo’ sperar, benché a ragion m’adiri,
ché mai son sazii di sperar gli amanti,
né Amor mai sazio di pianti e sospiri.
     Seguiamo ancora i lacrimosi canti,
125di doglie e d’ira incesi,
seguiam cantando i dolorosi pianti.
     Saran costumi in te mai sì scortesi,
che sempre isdegni chi in servir te una
tiene e sue voglie e tutti i pensier tesi?
     130Se ’l ciel in te ogni bellezze adduna,
se donna soprastai d’ogni altra ornata,
se a grandirti facil hai fortuna,