Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/201

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libro primo 195


Paulo. Sequita.

Battista. Questa servitù impose la natura, summa e divina legge de’ mortali, a te, a me, a quello, a tutti. Nulla n’è licito repugnarli; e nollo ubbidendo saremmo e pessimi cittadini e omini alieni da ogni umanità, simili alle fere nate in la selva, vivute in deserta solitudine. E così è: a ciascuno li sta imposto e innato da chi governa l’universa natura, debito comandare a’ sui, agli strani, a’ giovani, a’ vecchi, a qualunque si sia di qualvuoi qualità e condizione: comandare, dico, eccitare, ricordare, aiutare che fuggano il biasimo e pericoli della vita, seguano il bene, l’opere lodate e gloriose. Al principe vero s’aggiunge oltre a questo certa molestia più che a’ privati. E qual sarà questa molestia? Sarà grande certo, che gli bisognerà essere ministro ad impor pena e supplizio a’ contumaci e incorrigibili. E voi giovani, quali vorresti essere quello ch’io desidero e spero vedervi, persuadonvi fino a qui le ragioni nostre?

Giovani. Molto.

Battista. Adunque, per essere quello che voi e noi desideriamo, io sequirò esplicando ricordi de’ dotti scrittori, utili a ben aversi in vita, e voi disponetevi sequire quanto voi udirete. Così insieme satisfaremo al debito nostro. Voi udirete cose quali vi diletteranno. Possiamo noi pe’ ragionamenti sino a qui esplicati statuire che ’l principe, cioè il summo magistrato, sia uno aversi in servitù impostali dalla repubblica con autorità atta a reggere i suoi in vita onesta e quieta e con condizione che punisca chi disubidisse, allo instituto della patria?

Niccolò. Parmi che questo sia da te ben dimostrato.

Battista. E persuadevi quella sentenza ch’io narrai, che ’l vero principato stia in essere per virtù, costumi, prudenza e molta cognizione d’arti e cose buone superiore agli altri?

Paulo. A me questo può persuadersi, ma alla multitudine dubito però che pare che collo imperio sia innato e addicato farsi ubbidire imperando.

Battista. E così sia, purché comandi cose iuste, oneste, dove, quanto, e a chi bisogni secondo che richiede lo officio del vero principe, quale, com’io dissi, non sarà impor servitù a’ suoi, ma