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216 de iciarchia

eloquenti e utili alle cose che succederanno nelle faccende publiche. Credetemi, uno omo eloquente facile farà che gli altri seguano la sentenza sua. E chi ubbidirà a’ detti tuoi sarà costui altro in questa parte che suddito dello imperio tuo?

Sarà forse non qui fra voi, quali sete d’ingegno prestante e d’ottimo intelletto, ma fra gli altri giovani chi dirà: «Io conosco e affermo che tu mi dai util consiglio, e non recuserei fatica alcuna per acquistare tanta eccellenza, ma non mi servirebbe lo ’ngegno a queste suttilità, né mi vedo atto a compreendere tanta cosa». A costui risponderei io: «Dimmi, figliuolo, che sai tu quanto tu possa s’tu nollo provi? E se tu ti conosci nell’altre cose non da meno che gli altri ove bisogni adoperare intelletto e discrezione, vedi che questo recusare qui l’acquistar dottrina non sia in te tanto diffidenza inetta quanto timidità puerile e fuga d’affaticarti». Inerzia dannosa, desidia brutta fare come e’ fanciugli vezzosi quando la mamma li vuole lavare il capo: gridano e piangono prima che sentano se ’l ranno è freddo o caldo. Escludete da voi questa lentezza e tardità effeminata. Vinca l’animo generoso e virile. Spesso interverrà che ’l disporsi a far le cose laboriose eccita la virtù in noi, e rendeti che tu puoi molto più che tu non credevi. L’omo da natura si è cupidissimo di sapere ogni cosa. Di qui viene che tu e io e gli altri tutti siamo curiosi e cerchiamo intendereetiamle cose levissime, e chi fia questo forestiere, e quanta copia e che ordine fu al convito, e che crucci siano innovati fra Mirzia e chi l’ama, e simili. Con questa cupidità di sapere se la natura non avesse immesso all’omo lo ’ngegno attissimo ad imparare, arebbe errato. Qual cosa chi dicesse, errerebbe lui. Mai in cosa niuna la natura per sé mai errò, mai errerà. Adonque, non inculpar l’ingegno tuo: inculpane la propria desidia e poca cura tua di te stessi. E quanti diventerebbono dotti, se si vergognassero esser gravi a sé e inutili agli altri per la sua ignoranza! Dissi degli studi dovuti alle dottrine. Non so quanto io mi vi satisfeci.

Niccolò. Dirò di me, e così credo affermerà qui Paulo e costoro: queste ragioni adutte da te molto mi dilettorono e persuasero; e così mi pare le dottrine sono molto commode alla vita