Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/32

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26 rime

25Flo. Or provi quel che è Amor, fanciulla altiera.
Sì solevo sonar, cantar, ballare,
e motteggiar ridendo volentiera.
     Come un giovenco mal uso ad arare
superbo or si rimpreme, or fugge inanti,
30così la Niera. O che tormento è amare!
     Tir. El bisogna per certo che tu canti,
che prima staria el ciel senza le stelle
che la donna non strazi gli suo amanti.
     Or su, diciàn delle fanciulle belle,
35qual sanno amare e d’ognun son lodate.
Qui son duo can; lassa ir le pecorelle.
Flo. Non direi a te no. Diciàn. Cantate,
silve, con nui, fiere ed umbre triste.
Laude anzi fie più aver che Amor pietate.
     40La Niera spesso mie lacrime ha viste.
E quante volte sofferto hai ch’io mora,
Niera crudele, con tue false viste!
Tir. Ninfe, cantate, e risonate ancora,
aure, con nui, rivi, fronde, augelli.
45Audissi Amor chi lui cantando onora.
     La Mea con quei soi ditaggi belli
di fiori scelti mi fa ghirlandette,
poi me le asconde doppo gli arboscelli.
Flo. Se Amor è iusto e pio, com’el permette
50che chi servendo el prega ogni or più stenti?
Son per me spinte sue face e saette.
Tir. Non senza pioggia e furiosi venti
porge suo fior l’aliegra primavera,
né Amor suo don senza pianti e tormenti.
55Flo. Vidi io già unda ruinosa e fiera
gir mormorando ed urteggiando sassi.
Ancora è più superba la mia Niera.
Tir. Dura, ostinata è chi non amassi.
Soglionsi cantar li augelletti amando;
60aman le fiere, gli orsi, lupi e tassi.