Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/448

Da Wikisource.
442 nota sul testo


Per la grafia ci siamo attenuti in linea di massima alle norme già esposte nel vol. I. Va notato però quanto segue:

a) Il cod. ha costantemente la forma con m semplice nella desinenza della 1a pers. plur. del passato remoto e del condizionale. Noi abbiamo raddoppiato in ogni caso.

b) Oltre ad introdurre il raddoppiamento dell’articolo dopo le preposizioni a, da, di, su (nel cod. generalmente non raddoppiato), abbiamo livellato l palatale (gli) nell’articolo plurale davanti a parola cominciante con vocale o con s + consonante.

c) Mentre rendiamo normalmente con -ss- le varie x intervocaliche delle grafie latineggianti (vere o false: dixi, peximo), sostituiamo -s- in certe forme abusive (excluxo, propoxito). A scopo di uniformità mettiamo la doppia s in alcuni casi eccezionali nel codice (e finora non convalidati dall’uso albertiano) di -s- per -x- eseguire, esemplo, ecc.

d) Altri pochi casi di consonanti semplici livellati con la doppia: abiamo, sarebe, machina, inofiziosi, s’appelano, tranquilità, insuma, dunoso, avièmi, erammo, veranno, conceso. Viceversa, facendo (non faccendo) accanto a faccenda.

L’opera fu composta probabilmente intorno al 1470. Questo si può dedurre dal fatto che l’Alberti parla di se stesso come grave di anni e ormai raro frequentatore di Firenze (pp. 197, 286), e anche dal riferimento (p. 262) alle innovazioni finanziarie nella repubblica che il Mancini volle riportare precisamente all’anno 14691. Va notato però che le condizioni climatiche di Firenze all’apertura del dialogo, le piene e le inondazioni, potrebbero forse riferirsi al 1465 quando l’Arno traboccò e piazza S. Croce fu coperta dalle acque per tre braccia di profondità2. Tra le ultime, se non addirittura l’ultima opera dell’Alberti, rispecchia il suo pensiero più maturo sulla vita morale e civile, e tende alla formazione dell’iciarco, «nome tolto da’ Greci», cioè «supremo omo e primario principe della famiglia sua» (p. 273), donde il titolo De Iciarchia.

  1. G. Mancini, Vita cit., p. 456, ove cita F. Rinuccini, Ricordi storici (ediz. Aiazzi), p. cxii.
  2. Rinuccini, Ricordi cit., p. xcviii.