Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/72

Da Wikisource.
66 theogenius

Ma saratti non ingrata la mia risposta. Dissili: «Tu, Tichipedo, non nego, stai primo fra i nostri fortunatissimo cittadino, e sono pronte e palese le tue ricchezze; ma chi in mezzo esponesse le ricchezze di Genipatro, forse tu in prima muteresti opinione, e piacerebbeti non essere a te stessi simile per imitarlo. A te, Tichipedo, non mancano gratissimi e carissimi figliuoli, non forse costumati, non forse dotti, non forse di natura e ingegno civile e atti quanto vorresti, e di dì in dì mortali. A Genipatro viveno più e più figlioli, e’ libri suoi da sé ben composti ed emendatissimi, pieni di dottrina e maravigliosa gentilezza, grati a’ buoni e a tutti gli studiosi, e quanto dobbiamo sperarne immortali. A te ancora, Tichipedo, sopravive il padre, la madre, co’ quali tu te consigli e recrei. A Genipatro né manca, né mancherà iusto padre d’ogni suo instituto e santissima madre d’ogni sua volontà, l’intelletto sincero e la ragione interissima. Atorno te ancora, Tichipedo, convengono moltitudine di domestici e familiari, fannoti ridere, lodano te in presenza e onorano, vedi la casa tua ornata e frequentata. Da Genipatro mai si partono quanto e’ vuole ottimi e sapientissimi suoi amici, questi libri co’ quali tu ’l vedi tuttora essercitarsi e ornarsi di virtù e pregio tale, ch’egli è e da chi lo conosce e da chi mai lo vide lodato e onorato».

Microtiro. Rimase, credo, vinto, che?

Teogenio. Notasti tu mai el costume degli ignoranti e insolenti uomini? Vedili superbi, ostinati, poco cedere alla ragione che li convince, meno patire ordine o tempo alcuno a rispondere, e con voce e gesti concitati, con parole rissose, sdegnando el vero, spregiando ogni bene addutta argumentazione nulla acquistano disputando che solo farsi conoscere immodesti. Così Tichipedo con molti gesti osceni, con molte parole ventose quivi si riscaldò, e fra molte altre più lieve parole disse: «E che bella e usitata vostra astuzia di voi litterati, o Teogenio! Tu lodasti qui costui per insieme lodare te e commendare l’arte tua. Ma fra l’altre sue e tue infelicità, Teogenio mio, a me pare la prima che voi consumiate vostre vigilie, espognate tanta opera, duriate con tanta assiduità in cose inutilissime. Saravve licito mai restare di volgere tutto el dì e poi la notte ancora queste vostre carte? E che dolce ami-