Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. III, 1973 – BEIC 1724974.djvu/287

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istorietta amorosa 283

ché altro partito non c’è al nostro amore, tu verrai venerdì notte alle cinque ore con una scala di corda a piè della finestra, e attaccherai la scala a quel filo che tu troverai pendere della finestra, e io tirerò suso un capo della scala e attaccherollo al ferro della finestra, e tu allora sicuramente te ne verrai su per la scala in camera, e quivi potrai stare due o tre giorni celatamente senza saputa d’alcuno; e in questo modo assai spesso daremo compimento alli nostri amorosi desiri. Ma prima che di qui partiamo, voglio che a fede l’uno dell’altro ci promettiamo di non torre altra mogliera o marito; anzi, poiché la fortuna vuole che in palese non potiamo guardarci, che ne’ nostri cuori non possi entrare altro che nel mio il dolce Ippolito e nel tuo l’amante Leonora».

El parlare di Leonora piacque tanto ad Ippolito, che per la grande allegrezza non poté rispondere altro che con dolcissimi baci ringraziarla, e tornandosi drieto al letto, l’abadessa venne alla camera per Leonora, e trovatala in sul letto sola, di buona voglia la salutò. Di che usciti di camera ne mandò Leonora a casa; e la sera Ippolito dopo molte grazie e profferte fatte all’abadessa se n’andò a casa, e quivi con grandissimo desiderio aspettava el venerdì. E ritrovata la scala di corda, il venerdì a notte, solo, messosi questa scala in una berretta lunga la quale lui portava in capo, se n’andò verso le case de’ Bardi, dove Leonora l’attendeva dalla finestra. Di che, andando Ippolito ed essendo già appresso al canto che arrivava alle case di Leonora, la maladetta fortuna gli apparecchiò uno strano caso, e questo fu che il cavaliere del podestà, andando alla cerca di notte e vedendo Ippolito, cominciò a seguitarlo E fuggendo lui, la berretta gli cadde, dove ’l cavaliere, veduta la scala, cominciò più volenteroso a seguitarlo, dubitando che non fusse qualche ladro, e tanto fece che giunse Ippolito e domandollo dov’egli andasse con quella scala a tal ora. Ippolito, per non vituperare Leonora, disse come con quella scala andava ad imbolare. Di che il cavaliere, maraviglioso del fatto, pur per rispetto della scala e del fuggire suo e della confessione, deliberò menare Ippolito seco al podestà. El giovane, essendo adomandato dal podestà, rispose come lui andava a rubare. El podestà, maravigliatosi dell’appetito bestiale del giovane, il quale era figlio