Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. III, 1973 – BEIC 1724974.djvu/414

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410 nota sul testo

è molto più vicino a quella della Deifira che non ai rapporti di Ippolito e Lionora, questa intercenale ci assicura che tale tipo di racconto non era affatto estraneo all'esperienza dell'Alberti scrittore, e con ciò ci offre un'altra modesta pezza di appoggio per l'attribuzione della no- vella volgare all'Alberti.

Come abbiamo già osservato, non c'è nelle opere dell'Alberti nessun accenno alla composizione di questa novella. Non figura nel « cata- logo» delle opere sue schizzato nella Vita anonima, il quale sarebbe più o meno completo fin verso il 14381. Dopo il suo ritorno a Roma nel 1443, e fino alla morte avvenuta nel 1472, l'Alberti scrisse poco in volgare (rara eccezione i Ludi matematici, di carattere tecnico, non let- terario). Nondimeno, anziché agli ultimi anni del soggiorno fiorentino (1438-43) saremmo tentati ad ascrivere la composizione della novella (sempre che sia sua) all'epoca di Ecatonfilea e Deifira, o a poco più tardi quando scrisse le lettere al Codagnello (vedi sopra a p. 397). Strano, ma non del tutto eccezionale, il fatto che la tradizione manoscritta della novella, quale la conosciamo, risalga soltanto all'ultimo decennio della sua vita. Diverse opere dell'Alberti poggiano su tradizioni manoscritte tarde; e nel caso della novella l'esame dei codici superstiti fa sospettare una tradizione più ricca e più antica di quella nota. È possibile, a giu- dicare da alcune rassomiglianze, che Masuccio Salernitano si sia servito di questa novella come modello2; e tale ipotesi è convalidata dalla pre- senza della novella in ambienti napoletani, attestata nella nostra tra- dizione manoscritta dal cod. F17 , datato 1467. Ma a parte il nucleo ori- ginale del Novellino, assegnabile agli anni 1450-57, è difficile datare la composizione delle singole novelle entro il giro di vent'anni dalla loro stesura e perfezionamento3.

Questa non è però la sede adatta per discutere le fonti storiche o leggendarie, o la fortuna e il significato letterario della novella. Ci basti accennare ad alcuni elementi che forse possano rafforzare l'attribuzione all'Alberti. Non esistono documenti che confermino la storicità del racconto; ma la presenza della frase « Ut vidi, ut credidi» all'inizio e

  1. Op. volg. (Bonucci) cit., I, pp. XCV sgg.
  2. O. H. Moore, The Legend of Romeo and Juliet, Columbus, 1950, pp. 35-42, ove si parla delle fonti della nov. XXXIII di Masuccio.
  3. G. Petrocchi, Masuccio Guardati e la narrativa napoletana del '400, Firenze, 1953, pp. 51-65; Id., La prima redazione del «Novellino», nel G.S.L.I., cxxix, 1952, pp. 266 sgg. (da notare ivi, p. 292, nella nov. XXXI, qualche somiglianza con la nostra novella nella descrizione della fuga degli amanti, la scala tirata su alla finestra, ecc.).