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96 della architettura

noverare infra le spetie de le vie: Conciosia che ei pare a molti, che le Navi sieno specie di carra; non essendo a la fine altro il Mare naturalmente, che una larga, et spatiosa strada. Ma di queste cose non s’aspetta parlarne più a lunga in questo luogo. Et se per aventura egli averrà che queste cose non bastino a bisogni de gli huomini, si doveranno allhora et con la mano, et con l’arte rimediare i difetti, se alcuni per aventura ve ne fussinno, et aggiugnervi quelle commodità che vi mancassino, il modo de le quali cose tratteremo poi nel luogo loro.


De la conveniente muraglia de Porti, et de luoghi commodi per le Piazze ne le Città.

cap. viii.


H
Or se egli è parte alcuna de la Città, che si confaccia con le cose, che noi doviamo trattare in questo luogo, il Porto veramente sarà quel desso. Essendo certamente il Porto non altro, che quasi un termine nel corso de Cavagli, dal quale o tu ti muova a corso, o al quale arrivando, finito il corso ti fermi, et ti riposi. Altri forse diranno che il Porto sia la stalla delle Navi; sia pure egli come tu ti voglia, o termine, o stalla, o ricettacolo; certamente se la proprietà di qualunque Porto è di ricever dentro a se le Navi, sicure da l’impeto de le tempeste; egli è di necessità che e’ le difenda. Sianovi fianchi gagliardissimi, et alti; et oltra questo bisogna che vi sia una larghezza adattata di maniera che le Navi possino, et grandi, et cariche, commodissimamente racccorvisi, et sicuramente riposarvisi. Le quali cose se ti si rappresenteranno da la opportunità del luogo, non harai da desiderarvi altro, se già non ti avvenisse come ad Atene, la quale haveva secondo che scrive Tucidide, tre Porti fatti da la natura; che tu habbia a stare in dubbio, quale di tanti tu ti voglia eleggere per il meglio, dove tu voglia andare a prender Porto. Ma egli è certamente cosa evidentissima, mediante quelle cose, che noi dicemmo nel primo libro, che e’ sono alcune regioni, dove non possono tutti i venti; et alcune, dove alcuni di loro sono molto fastidiosi, et continovi. Anteporremo adunque a gli altri quel Porto, ne le bocche del quale spirino i venti più benigni, et più quieti, et nel quale tu possa con buona gratia de venti entrare, et uscire senza havergli molto ad aspettare. Infra tutti i venti dicono che Borea è il più benigno, et che il Mare commosso da Greco, cessato il vento si quieta subito; Ma se bene cessano i venti Australi, il Mare dura nondimeno a fluttuare gran tempo. Ma secondo la varietà de luoghi si debbono elegger quelle cose, che sono et più commode, et più espedite a bisogni de le Navi. Desideravisi un fondo grandissimo, si ne la foce, si nel mezo, et si a le ripe del Porto; il quale non rifiuti le Navi da carico, gravi per le cose portate: Et è conveniente che il fondo sia purgato, et che non vi sieno herbe in alcun luogo. Ancor che talvolta le spesse, et intricate radici de le herbe arrechino grandissima utilità a fermar le Ancore; Io niente dimeno vorrei più tosto il Porto, che non generasse cosa alcuna, che havesse a contaminare la purità de l’aria, o a nuocere a le Navi, come fanno le alige, et le herbe, che nascono ne le acque. Conciosia che le eccitano a Navilii vermi molestissimi, tigniuole, et lombricuzzi, et per il marcirsi di tai liti, vapori pestiferi. Faranno ancora il Porto infermo, et mal sano, se vi si mescoleranno acque dolci; et massimo quelle, che piovute dal Cielo vi caleranno da Monti. Vorrei nondimeno che egli havesse a canto, et vicino, fontane, et rivi, donde si possa prendere acqua chiara, et commoda a mantenersi ne Navilii: Et che gli havesse uscite espedite, et diritte, et certe; non vi si variasse il fondo, fusse libero da gli impedimenti, sicuro da gli aguati de nimici, et de corsali. Oltra di questo havesse

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