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136 della architettura

più maraviglioso. Adunque ella diede di se ogni cogitione, et notitia, tenendo per cosa brutta che il Capo del Mondo, et lo splendore de le genti, potesse essere pareggiato per gloria de le opere da coloro, che egli havesse d’ogni altra lode di virtù superati. Et a che fare racconterò io più i Portici, i Tempii, i Porti, i Teatri, et le grandissime opere de le Stufe; nel far de le quali cose sono stati tanto maravigliosi, che alcuna volta quelle stesse cose che si vedevano in essere, fatte da costoro, i dottissimi Architettori forestieri negavano che fusse possibile il farle? Che più? io non vo dire, che nel far de le fogne non sopportarono che vi mancasse la bellezza, et de gli ornamenti si dilettarono di maniera, che per questo conto solo pare che e’ tenessino per cosa bella spendere prodigamente le forze de lo Imperio, cioè ne lo edificare per haver dove commodamente e’ potessino aggiugnere ornamenti. Si che per li esempii de passati, et per quel che ne insegnano coloro che sanno, et per il continovo uso si è acquistata intera cognitione di far le opere maravigliose; da la cognitione si sono cavati precetti approvatissimi, de quali non debbono finalmente per conto alcuno farsi beffe coloro che non vorranno (il che doviamo non volere tutti) ne lo edificare esser tenuti pazzi. Questi come per nostra impresa, habbiamo noi a raccorre, et esplicare secondo le forze de lo ingegno nostro. De gli ammaestramenti di queste cose, ne sono alcuni, che comprendono l’universale bellezza, et gli ornamenti di tutti gli edificii, et alcuni comprendono quella de le parti membro per membro. I primi sono cavati dal mezo della Filosofia, et adattati a indirizzare, et a conformare il modo, et la via di questa arte: Gli altri poi da la cognitione, la quale noi dicemmo (per dir cosi) pulita a regola di Filosofia, produssono l’ordine de l’arte. Dirò prima di questi, ne’ quali apparisce più l’arte: et de gli altri, che abbracciano il tutto in universale, mi servirò per epilogo.


Che o da lo ingegno, o da la mano de lo Artefice si inserisce il decoro, et l’ornamento in tutte le cose: de la regione, et del sito, et di alcune leggi fatte da gli Antichi per cagione de Tempii, et d’alcune altre cose degne d’esser notate, ma difficili a credersi.

cap. iv.


Q
Uel che ne le bellissime, et ornatissime cose arreca satisfattione, quel certo nasce ò da la fantasia, et discorso de l’ingegno; ò da la mano de l’artefice, ò vero è inserto in esse cose rare da la natura. A l’ingegno si apparterrà la elettione, la distributione, et la collocatione, et simili altre cose, che arrecheranno dignità a l’opere: A la mano lo accozzar insieme, il mettere, il levare, il tor via, il tagliare atorno, il pulimento, et l’altre cose simili, che rendono l’opere gratiose. A le cose è inserto da la natura la gravezza, la leggerezza, la spessezza, la purità, contro l’invecchiare la virtù, et altre cose simili, che fanno l’opere maravigliose. Debbonsi queste tre cose secondo l’uso, et l’officio di ciascuna accommodare a le parti. Le parti da notarsi si considerano diversamente. Ma in questo luogo ci pare che l’edificio si habbia a dividere in questo modo: ò in quelle parti per le quali tutti gli edificii convengono insieme, o in quelle, per le quali son l’un da l’altro differenti. Nel primo libro vedemmo che qual si voglia edificio haveva bisogno di regione, di sito, di scompartimento, di mura, di coperture, et di vani. In queste cose adunque convengono insieme; ma in queste altre sono differenti, che alcuni sono sacri, alcuni secolari, alcuni publici, alcuni privati, alcuni fatti per necessità, alcuni per piacere, et simili. Cominciamo da quelle cose, ne le quali e’ convengono insieme. Quel che la mano, o l’ingegno de l’uomo possa arrecare di gratia, o dignità a la regione, apena si di-

scer-